Il report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sull’origine del Covid-19 indica il commercio di animali selvatici e l’allevamento di animali da pelliccia come probabili candidati

A livello mondiale, i mercati di animali selvatici e gli allevamenti di animali da pelliccia rappresentano l’ambiente ideale per la prossima pandemia e devono essere vietati, afferma Humane Society International

Humane Society International


Mink on a fur farm
Jo-Anne McArthur 

ROMA—L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha pubblicato il suo report “WHO-convened Global Study of the Origins of SARS-CoV-2”, a seguito della missione congiunta in Cina, e ha identificato l’allevamento di animali da pelliccia, assieme al commercio di animali selvatici, come settori di interesse nella ricerca delle origini della pandemia da coronavirus. Lo studio congiunto OMS-Cina suggerisce che gli animali selvatici, allevati in modo intensivo per il consumo umano e per le pellicce, potrebbero essere divenuti infetti negli allevamenti per poi essere trasportati presso un “mercato umido”, dove ha avuto inizio l’epidemia.

In questi mercati i commercianti mettono in mostra, vendono e macellano una serie di specie animali domestiche e selvatiche, inclusi tassi, ratti dei bambù, serpenti, coccodrilli e procioni, accanto a conigli, maiali e galline. Molte delle specie osservate sono conosciute per la loro predisposizione all’infezione ai virus SARS, inclusi i visoni, i procioni e le volpi. Questi animali sono allevati a milioni negli allevamenti di pellicce della Cina.

Secondo quanto si legge nella sezione “Studi animali e ambientali” del report, la via di trasmissione indicata come probabile è attraverso un ospite intermedio. Una delle raccomandazioni specifiche contenute richiede “indagini per identificare i virus SARSr-CoVs negli animali allevati, selvatici o domestici, che possono esserne infettati, incluse le specie allevate per la produzione di alimenti come il tasso-furetto e lo zibetto, e quelli allevati per le pellicce come il visone e il cane procione in Cina, nell’Asia sudorientale e in altre regioni”.

Il report aggiunge anche che “il virus SARS-CoV-2 si adatta in modo relativamente rapido negli animali che possono esserne infettati (come i furetti). Il numero crescente di animali che presentano la possibilità di infezione include animali che sono allevati in densità sufficienti per permetterne una circolazione endemica”.

L’industria delle pellicce cinese è la più grande al mondo. Nel 2019 la Cina ha allevato 14 milioni di volpi, 13,5 milioni di cani procione e 11,6 milioni di visoni, destinati anche all’esportazione oltreoceano in paesi come l’Italia. Nel 2019, il valore delle pellicce grezze e conciate, nonché degli articoli di pellicceria importati è stato di 478 miliardi di dollari, di cui il 7,34% (35,1 miliardi di dollari) dalla Cina. L’Italia importa anche da Germania, Francia, Spagna, Paesi Bassi, Belgio, Stati Uniti e Russia.

Il Dott. Peter Li, esperto in politica cinese di Humane Society international, ha affermato: “Il rapporto dell’OMS fornisce un forte avvertimento sui rischi devastanti per la salute pubblica derivanti dallo sfruttamento di animali selvatici in sistemi di allevamento intensivi, luoghi antigienici, sovraffollati e disumani, che siano ratti del bambù o tassi destinati al consumo umano, pangolini per la medicina tradizionale o cani procione e visoni per le pellicce. Mettere insieme milioni di animali in queste industrie abusanti crea un ambiente perfetto per lo sviluppo di pandemie e, se non vietiamo l’allevamento di pellicce e il commercio di animali selvatici, continueremo a giocare alla roulette russa con la sicurezza pubblica globale”.

Il report dell’OMS è stato pubblicato nel medesimo giorno di una lettera firmata da 25 leader mondiali, che esprime l’intenzione comune di lavorare verso un nuovo trattato internazionale per la preparazione e la risposta alle pandemie, che includa “responsabilità reciproca e condivisa, trasparenza e cooperazione”. La lettera riconosce inoltre la connessione tra la salute umana e quella degli animali. Gli Stati Uniti, la Cina e la Russia non hanno firmato la lettera ma il Direttore Generale dell’OMS ha affermato che tutti gli Stati Membri saranno rappresentati quando inizieranno i confronti per la stesura del trattato.

Il Dott. Peter Li ha dichiarato: “Abbiamo più volte chiesto un’azione coordinata a seguito della pandemia da Covid-19. Perciò accogliamo con favore la lettera dei leader mondiali e auspichiamo che altri si uniranno, anche dagli Stati Uniti e dalla Cina. Speriamo che il trattato fornisca ai paesi l’occasione per riflettere e discutere sulla fine delle industrie che ignorano il benessere animale e mettono a rischio la salute umana. La preparazione e la risposta sono importanti, ma se ci concentriamo solo sui sintomi, piuttosto che sulla causa del problema, continueremo a giocare d’azzardo con la salute pubblica e le economie mondiali”.

Il report dell’OMS e la lettera dei leader arrivano appena due settimane dopo la pubblicazione, da parte di Humane Society International, di nuove immagini raccolte in 13 allevamenti di animali da pelliccia in Cina, che mostrano animali tenuti a stretto contatto, in violazione di numerose regolamentazioni cinesi, incluse quelle sui controlli epidemiologici. Nonostante l’indagine di HSI abbia avuto luogo durante la pandemia di Covid-19, nessuno degli allevamenti ha seguito le misure minime di biosicurezza. Contrariamente a quanto stabilito dai regolamenti cinesi, mancavano stazioni di disinfezione all’entrata e all’uscita. Alla luce di almeno 422 focolai di Covid-19, in 289 allevamenti di visoni da pelliccia, in 11 diversi paesi in Europa e Nord America dall’aprile 2020, e considerato che anche i cani procione e le volpi possono contrarre il coronavirus, la mancanza di rispetto delle misure di sicurezza è estremamente preoccupante.

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Nell’aprile 2020 Humane Society International ha pubblicato un appello urgente e un white paper scientifico, chiedendo un immediato divieto sul commercio, trasporto e consumo di animali selvatici, in particolare di mammiferi e uccelli la cui specie è nota per la possibilità di contrarre coronavirus, al fine di affrontare la minaccia che questi rappresentano alla salute pubblica, oltre che al benessere animale e alla conservazione delle specie.

Numerose epidemie di malattie infettive sono state legate al commercio di animali selvatici, inclusa la SARS nel 2003, che si ritiene sia stata trasmessa agli umani dagli zibetti venduti per la loro carne. Si stima che il 75% delle malattie infettive emergenti siano zoonotiche, ovvero si diffondano dagli animali non-umani agli umani.

La Cina ha introdotto un divieto sulla vendita di animali selvatici a fini alimentari nel febbraio 2020, ma gli animali selvatici ancora utilizzati per altri scopi, come la medicina tradizionale e la produzione di pellicce, sono esclusi da tale provvedimento (e anche riclassificati come animali da allevamento) nonostante il fatto che l’allevamento di specie selvatiche in condizioni di affollamento, malsane e stressanti, forniscano le circostanze ideali per la diffusione delle zoonosi.

DATI:

  • Undici paesi (inclusi nove Stati Membri dell’UE) hanno ufficialmente identificato animali positivi al virus negli allevamenti di visoni: Canada (2 strutture) Danimarca (290 strutture), Francia (1 struttura), Grecia (23 strutture), Italia (2 strutture), Lituania (2 strutture), Paesi Bassi (69 strutture), Polonia (1 struttura), Spagna (4 strutture), Stati Uniti (16 strutture), Svezia (13 strutture). Sono stati confermati casi anche negli Stati Uniti e in Canada.
  • Si stima che 53 milioni di visoni vengano allevati per la loro pelliccia in più di 20 paesi in tutto il mondo. I primi tre per numero di animali allevati sono in Europa (dati del 2018): Danimarca (17,6 milioni di visoni), Polonia (5 milioni di visoni) e Paesi Bassi (4,5 milioni di visoni).  Nel 2019 la Cina ha allevato 11,6 milioni di visoni, dato in calo rispetto ai 20,6 milioni di visoni del 2018.

FINE

Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

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