Attenzione: ci sono descrizioni esplicite di animali uccisi e un link a immagini forti

Humane Society International / Europa


HSI

BIHAR, India—Le organizzazioni per la protezione degli animali Humane Society International/India, People for Animals, Sneha’s Care e Federation of Animal Welfare of Nepal hanno condannato il sacrificio di massa di animali durante il Festival di Gadhimai in Nepal, definendolo “uno spaventoso bagno di sangue”, e hanno esortato il Governo nepalese ad adottare misure per fare in modo che questo sia l’ultimo Festival di Gadhimai in cui vengono uccisi degli animali. HSI/India, PFA e la polizia di frontiera sono riuscite a confiscare e salvare oltre 750 animali destinati a essere sacrificati, dopo essere stati trasportati illegalmente dall’India verso il Nepal.

Il Festival di Gadhimai, che si tiene ogni cinque anni nel villaggio di Bariyarpur, nel distretto nepalese di Bara, comporta l’uccisione di centinaia di migliaia di animali. Il massacro è iniziato nelle prime ore del mattino dell’8 dicembre, quando, secondo le registrazioni all’ingresso, 4.200 bufali sono stati decapitati nell’arena e migliaia di capre, piccioni e altri animali sono stati uccisi all’esterno. Si è concluso il 9 dicembre con l’uccisione di migliaia di altre capre, come parte di un antico rituale volto a placare la dea Gadhimai.

Humane Society International/India e People for Animals avevano inviato le loro squadre ai posti di blocco al confine tra India e Nepal oltre una settimana prima del sacrificio, per assistere la polizia di frontiera nell’intercettare e confiscare gli animali trasportati illegalmente per essere sacrificati. Grazie ai loro sforzi combinati, è stato possibile salvare più di 750 animali: 74 bufali, 347 capre, 328 piccioni e due galline. Le capre più giovani e bisognose di cure immediate o specialistiche riceveranno assistenza permanente presso il santuario “Happy Home” gestito dall’organizzazione PFA Uttarakhand, partner di HSI/India. Sono in corso le procedure per trovare una casa ai bufali e alle galline, mentre i piccioni sono stati rilasciati in sicurezza nel loro habitat naturale. Nonostante ciò, le stime basate sulle testimonianze oculari indicano che, durante i due giorni di Festival, siano stati uccisi tra i 250mila e i 500mila animali.

Arkaprava Bhar, Responsabile dello Sviluppo delle Campagne di Humane Society International/India, che ha coordinato le attività di salvataggio degli animali al confine, ha dichiarato: “Abbiamo salvato bufali dal retro dei furgoni, capre avvolte nelle sciarpe sui sedili posteriori delle motociclette, polli appesi a testa in giù sulle fiancate dei veicoli, piccioni trasportati all’interno di ceste o scatole. Le sofferenze che questi animali si trovano a subire sono così sconvolgenti e inutili. Sono costretti ad affrontare viaggi estenuanti, a fare spesso i conti con la mancanza di cibo, acqua e riposo, solamente per finire nella confusione di Gadhimai e dover assistere all’uccisione di altri animali tutto intorno a loro”.

“Non avevo mai visto nulla di così scioccante e inquietante come quello a cui ho assistito al sacrificio di Gadhimai. La portata delle uccisioni è inimmaginabile: ci sono animali che vengono decapitati dappertutto, e macchie di sangue rosso vivo sul terreno ovunque cammini. Animali come i bufali e le capre sono creature sensibili e senzienti, estremamente consapevoli di quello che succede intorno a loro. Dev’essere un orribile calvario. Questo spaventoso bagno di sangue deve finire”.

“È in qualche modo confortante sapere che, insieme alla polizia di frontiera, siamo riusciti a salvare centinaia di animali preziosi da una simile crudeltà. Ora, potranno vivere serenamente, grazie alle cure che riceveranno presso i rifugi con cui collaboriamo. Ogni bufalo, capra e piccione che abbiamo salvato è prezioso, ma esortiamo il Governo nepalese ad agire in modo decisivo per fare in modo che in futuro il Festival di Gadhimai avvenga senza spargimento di sangue”.

Prima del lavoro al confine, HSI/India e PFA hanno tenuto una conferenza stampa con il maestro spirituale e autore Acharya Prashant, che ha incoraggiato i fedeli a celebrare il Festival con compassione e a onorare le tradizioni senza danneggiare gli animali. Prashant ha dichiarato: “La devozione dovrebbe ispirare compassione, non crudeltà. Sgozzare animali in nome del divino sminuisce lo spirito del culto. Impegniamoci a onorare la dea preservando la sacralità di ogni forma di vita durante il Gadhimai”.

Le squadre di HSI/India hanno anche condotto campagne di sensibilizzazione porta a porta e distribuito circa 3.500 volantini in lingua locale in dodici villaggi vicino al confine indo-nepalese, esortando i fedeli a non sacrificare i loro animali.

Sneha Shrestha, fondatrice di Sneha’s Care e presidente della Federation of Animal Welfare of Nepal, ha dichiarato: “L’Amministrazione locale ha intimidito giornalisti, ONG e chiunque chieda la fine del sacrificio, violando il diritto alla libera comunicazione. Il Governo locale, insieme a quello centrale, non ha nemmeno supportato questa campagna come aveva promesso. Quest’anno, il comitato organizzativo del Festival ha aumentato l’altezza del muro che circonda l’area dove avvengono i sacrifici e ha schierato le Forze di polizia lungo il perimetro. Il Governo del Nepal ha avuto cinque anni per adeguarsi alla sentenza della Corte Suprema che vieta i sacrifici, ma non ha intrapreso alcuna azione e, al contrario, ha promosso le uccisioni”.

HSI/India e PFA lavorano dal 2014 per fermare il sacrificio di animali al Festival di Gadhimai. Si stima che siano stati uccisi oltre 500mila animali nel 2009 e circa 250mila animali nel 2014 e 2019. Prima del sacrificio del 2024, il Tempio di Gadhimai ha esortato i fedeli a portare nuovamente il numero di sacrifici animali a 500mila.

Nel 2014, la Corte Suprema dell’India ha compiuto un passo significativo per limitare questa pratica, ordinando al Governo indiano di prevenire il trasporto illegale di animali oltre il confine verso il Nepal per essere sacrificati al Gadhimai. La Corte ha anche invitato le organizzazioni per la protezione degli animali, tra cui HSI/India, PFA e altre, a formulare un piano d’azione per garantire l’applicazione delle sue ordinanze, che HSI/India ha implementato da allora. Successivamente, nel settembre 2019, la Corte Suprema del Nepal ha ordinato di porre fine ai sacrifici di animali vivi al Festival di Gadhimai e ha esortato le autorità a redigere un piano per l’abbandono progressivo di questa pratica su scala nazionale, ma la disposizione è stata ampiamente ignorata.

NOTE

  • Il Festival di Gadhimai prevede una celebrazione che dura un mese, o “mela”, che culmina nel sacrificio di centinaia di migliaia di animali.
  • Bufali d’acqua, capre, polli, maiali, anatre e ratti vengono decapitati con spade di metallo smussate in una frenesia di uccisioni alimentata dall’alcol.
  • La maggior parte di questi animali viene trasportata illegalmente dall’India al Nepal a causa dei confini scarsamente controllati.
  • Le norme vengono apertamente violate, poiché la maggior parte degli animali viene trasportata illegalmente oltre il confine senza una licenza di esportazione.
  • I sacrifici di massa comportano gravi rischi per la salute pubblica, esacerbati dalle condizioni insalubri del sito del Festival. Senza servizi igienici per milioni di pellegrini, l’aria è impregnata dal fetore di feci, sangue e morte.
  • Le origini del Festival risalgono a circa 265 anni fa, quando il fondatore del Tempio di Gadhimai, Bhagwan Chowdhary, fece un sogno in cui la dea Gadhimai gli chiese del sangue in cambio di liberarlo dalla prigione, proteggerlo dal male e assicurargli prosperità e potere. La dea chiese un sacrificio umano, ma Chowdhary offrì con successo un animale; da allora, tutto questo si ripete ogni cinque anni.

A questo link è possibile visionare le foto del sacrificio del 2024. ATTENZIONE: IMMAGINI FORTI.

Qui è possibile visionare foto e video del nostro lavoro al confine. Si prega di inviare una mail a escuri@hsi.org per il download.

FINE

Contatti stampa: Elisabetta Scuri: +39 3445283910; escuri@hsi.org

Le squadre si trovano presso i principali posti di blocco al confine tra India e Nepal, per assistere gli operatori di polizia

Humane Society International / Europa


Shaili Shah/HSI

BIHAR, India—In vista del Festival di Gadhimai in Nepal, durante il quale avviene il più grande sacrificio di animali al mondo, le organizzazioni per la protezione degli animali Humane Society International/India e People For Animals stanno esortando i fedeli a non portare animali da sacrificare. HSI/India e PFA hanno inviato delle squadre per assistere la polizia di frontiera nel suo lavoro di contrasto del trasporto illegale di animali attraverso il confine indo-nepalese. Le due organizzazioni si impegneranno a garantire che gli animali sequestrati siano portati in salvo, in conformità con la legge indiana.

Il Festival di Gadhimai, che si svolge ogni cinque anni nel villaggio di Bariyarpur, nel distretto nepalese di Bara, prevede la decapitazione di centinaia di migliaia di animali, tra cui bufali, capre, piccioni e altre specie, come parte di un antico rituale volto a placare la dea Gadhimai.

Arkaprava Bhar, Responsabile dello Sviluppo delle Campagne di HSI/India, che sta coordinando le attività sul campo, ha dichiarato: “Insieme ai nostri colleghi di PFA, ci troviamo ai posti di blocco lungo i confini e assistiamo le Forze dell’ordine per salvare ogni animale che viene trasportato per essere sacrificato. Il nostro obiettivo non è solo quello di fermare il trasporto illegale di animali, ma è anche quello di rendere più etiche le nostre tradizioni. Sotto la guida della polizia di frontiera, stiamo conducendo controlli approfonditi sui veicoli per assicurarci che nessun animale venga contrabbandato. Negli ultimi giorni, abbiamo fermato camion e veicoli che trasportavano bufali, capre e mucche destinati al Festival, dove sarebbero stati decapitati, se non fossimo stati lì. Loro sono quelli fortunati, che scamperanno a questa terribile sofferenza. Salveremo quante più vite possibili e diffonderemo l’appello a porre fine alle uccisioni”.

Alcuni giorni prima del lavoro alla frontiera, le squadre hanno anche condotto campagne di sensibilizzazione porta a porta e distribuito circa 3.500 volantini in lingua locale in dodici villaggi vicino al confine indo-nepalese, esortando i fedeli a non sacrificare i loro animali.

HSI/India e PFA lavorano dal 2014 per fermare il sacrificio di animali al Festival di Gadhimai. A seguito dei loro sforzi incessanti, il numero di animali brutalmente sacrificati è diminuito da oltre 500mila nel 2009 a circa 250mila nel 2014 e 2019, tra cui circa 3.500 bufali.

Nel 2014, la Corte Suprema dell’India ha compiuto un passo significativo per limitare questa pratica, ordinando al Governo indiano di prevenire il trasporto illegale di animali oltre il confine verso il Nepal per essere sacrificati al Gadhimai. La Corte ha anche invitato le organizzazioni per la protezione degli animali, tra cui HSI/India, PFA e altre, a formulare un piano d’azione per garantire l’applicazione delle sue ordinanze, che HSI/India ha implementato da allora. Successivamente, nel settembre 2019, la Corte Suprema del Nepal ha ordinato di porre fine ai sacrifici di animali vivi al Festival di Gadhimai e ha esortato le autorità a redigere un piano per l’abbandono progressivo di questa pratica su scala nazionale, ma la disposizione è stata ampiamente ignorata.

Pankaj KC, Direttore delle Campagne di HSI/Europe, ha aggiunto: “La tradizione del sacrificio di animali durante il Festival di Gadhimai è in netto contrasto con i profondi valori di compassione verso tutti gli esseri viventi, radicati nella terra dove è nato Buddha. Nel 2019, la Corte Suprema del Nepal ha compiuto un passo fondamentale vietando i sacrifici di animali durante il Festival, ma purtroppo questo divieto è stato ignorato. Esortiamo le autorità a onorare la decisione della Corte e a fare tutto il possibile per far rispettare il divieto”.

NOTE

  • Il Festival di Gadhimai prevede una celebrazione che dura un mese, o “mela”, che culmina nel sacrificio di centinaia di migliaia di animali.
  • Bufali d’acqua, capre, polli, maiali, anatre e ratti vengono decapitati con spade di metallo smussate in una frenesia di uccisioni alimentata dall’alcol.
  • La maggior parte di questi animali viene trasportata illegalmente dall’India al Nepal a causa dei confini scarsamente controllati.
  • Le norme vengono apertamente violate, poiché la maggior parte degli animali viene trasportata illegalmente oltre il confine senza una licenza di esportazione.
  • I sacrifici di massa comportano gravi rischi per la salute pubblica, esacerbati dalle condizioni insalubri del sito del Festival. Senza servizi igienici per milioni di pellegrini, l’aria è impregnata dal fetore di feci, sangue e morte.
  • Le origini del Festival risalgono a circa 265 anni fa, quando il fondatore del Tempio di Gadhimai, Bhagwan Chowdhary, fece un sogno in cui la dea Gadhimai gli chiese del sangue in cambio di liberarlo dalla prigione, proteggerlo dal male e assicurargli prosperità e potere. La dea chiese un sacrificio umano, ma Chowdhary offrì con successo un animale; da allora, tutto questo si ripete ogni cinque anni.

I rappresentanti di HSI/India sono disponibili per interviste su richiesta. A questo link è possibile visionare foto e video del nostro lavoro al confine fra India e Nepal in occasione del Festival di Gadhimai 2024. Si prega di inviare una mail a escuri@hsi.org per il download.

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Contatti stampa: Elisabetta Scuri: +39 3445283910; escuri@hsi.org

International Fund for Animal Welfare, Eurogroup for Animals e Humane Society International/Europe avvertono che la decisione del Comitato Permanente della Convenzione di Berna rappresenta un pericoloso passo indietro per la biodiversità

Humane Society International / Europa


Gray wolf in Yellowstone National Park
Nathan Hobbs, iStock

BRUXELLES, Belgio—La decisione odierna del Comitato Permanente della Convenzione di Berna di ridurre la tutela del lupo rappresenta un pericoloso passo indietro per la biodiversità e stabilisce un preoccupante precedente per la conservazione della fauna selvatica in Europa, secondo diverse organizzazioni per la protezione degli animali.

Riunitosi a Strasburgo questa settimana, il Comitato ha deciso di riclassificare il lupo da “strettamente protetto” a “protetto” ai sensi della Convenzione di Berna. L’International Fund for Animal Welfare (IFAW), Eurogroup for Animals e Humane Society International/Europe avvertono che questa scelta, dettata da motivazioni politiche, mina decenni di progressi, lenti ma costanti, nel recupero della specie.

“Questa decisione ignora la scienza e apre la porta a interferenze politiche negli sforzi di conservazione”, ha dichiarato Ilaria Di Silvestre, Direttrice delle Politiche e dell’Advocacy per l’Europa dell’IFAW. “Il lupo è ancora in pericolo in molte parti d’Europa e indebolire la sua protezione porterà solo a ulteriori conflitti e metterà a rischio la sua ripresa”.

La Dottoressa Joanna Swabe, Direttrice delle Relazioni Istituzionali di Humane Society International/Europe, ha aggiunto: “La decisione dell’UE di limitare le protezioni legali per i lupi stabilisce un pericoloso precedente per altre specie europee, come orsi e linci. Tutte le decisioni relative allo status di protezione delle specie selvatiche devono basarsi su prove scientifiche solide. Invece, le decisioni sui lupi sono chiaramente guidate dalla convenienza politica e riescono solo a compiacere gruppi di interesse, come i cacciatori, che preferiscono ricorrere ai fucili, anziché lavorare sulla convivenza con i grandi carnivori”.

Sebbene il lupo sia in fase di ripresa in alcune parti d’Europa, sei delle nove popolazioni di lupo europee restano classificate come “quasi minacciate” o “vulnerabili”. I conservazionisti sottolineano che le misure di protezione sono fondamentali per garantire che la specie raggiunga e mantenga uno stato di conservazione favorevole. Se fosse trasferito nella legislazione dell’Unione Europea, il declassamento dello status di protezione del lupo permetterebbe una maggiore flessibilità nella caccia, ma l’esperienza e le prove scientifiche hanno dimostrato che l’abbattimento è una soluzione inefficace per ridurre gli attacchi agli animali domestici, a differenza delle misure preventive attuate con successo da molti agricoltori in tutta l’UE.

Léa Badoz, Responsabile del Programma Fauna Selvatica di Eurogroup for Animals, ha commentato: “Il lupo rappresenta purtroppo l’ultima pedina politica, vittima di disinformazione. Ridurre la protezione non risolverà le sfide legate alla convivenza, né aiuterà gli agricoltori. Questa scelta si basa su malintesi e minaccia i lupi, senza fornire un reale supporto agli agricoltori e alle comunità locali, molte delle quali sono favorevoli alla convivenza con il lupo. Le misure di coesistenza già sperimentate devono rappresentare la priorità, e l’UE dovrebbe sostenerle finanziariamente”.

Le tre organizzazioni si impegnano a promuovere la convivenza con la fauna selvatica e a monitorare attentamente eventuali cambiamenti successivi alla Direttiva Habitat dell’UE, per garantire che la protezione delle specie europee non venga ulteriormente compromessa.

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L’investigazione condotta da HSI/UK mostra volpi ferite e il mancato rispetto delle normative in materia di salute pubblica

Humane Society International / Europa


HSI

MILANO—Nuovi filmati shock di animali che soffrono negli allevamenti per la produzione di pellicce in Finlandiaun paese che produce pellicce vendute in paesi come l’Italia e il Regno Unitomostrano volpi con ferite aperte e infette, occhi lacrimosi e deformità alle zampe. L’inchiesta, condotta alla fine di ottobre dalla rinomata organizzazione per la protezione degli animali Humane Society International/UK, in collaborazione con l’organizzazione finlandese per la protezione degli animali Oikeutta eläimille, ha rafforzato le richieste di HSI/Europe per un divieto di allevamento di animali per la produzione di pellicce a livello UE. Nel frattempo, nel Regno Unito, che ha importato pellicce dalla Finlandia per un valore superiore ai sedici milioni di sterline dal 2000, HSI/UK sta chiedendo al Governo di supportare una proposta legislativa per un divieto delle importazioni e delle vendite di pellicce.

Gli investigatori, che hanno preso precauzioni per la biosicurezza, hanno riscontrato la violazione delle misure per la prevenzione delle malattie zoonotiche negli allevamenti visitati, con un grave rischio per la salute pubblica. Hanno anche filmato volpi obese, definite “mostruose”, con eccessive pieghe cutanee dovute alla selezione per aumentare la produzione di pelliccia, e volpi che mostravano comportamenti ripetitivi, indicatori di stress psicologico.

A questo link è possibile visionare foto e video dell’investigazione. Si prega di inviare una mail a escuri@hsi.org per il download.

La Finlandia è fra gli ultimi paesi europei in cui l’allevamento di animali per la produzione di pelliccia è ancora legale, con l’industria finlandese che si vanta del fatto che quasi il 100 per cento dei suoi allevamenti di volpi sia certificato dal sistema SAGA (incluso il protocollo WelFur), un insieme di linee guida promulgato dalla casa d’aste finlandese SAGA, che promette “il massimo livello di benessere animale”. Tuttavia, le orribili condizioni documentateanche negli allevamenti certificati SAGAmostrano la realtà straziante dell’industria: volpi confinate in gabbie piccole e spoglie per tutta la loro vita, senza mai poter sentire l’erba sotto le zampe, né esprimere comportamenti naturali come correre, scavare e cacciare. La pelliccia di volpe proveniente dalla Finlandia è utilizzata da marchi come Woolrich e Yves Salomon e i brand italiani Ermanno Scervino e Fendi.

Sebbene l’allevamento di animali per la produzione di pellicce sia vietato nel Regno Unito per motivi di benessere animale da più di vent’anni, questo crudele e futile prodotto della “moda” è ancora importato e venduto nel Regno Unito. Nell’ottobre 2024 è stata introdotta una proposta legislativa, definita “Private Member’s Bill”, per vietare l’importazione e la vendita di pellicce nel Regno Unito. Se approvato, il divieto porrebbe fine alla complicità del paese nella crudeltà e nel rischio per la salute pubblica legati al commercio globale di pellicce.

Claire Bass, Direttrice delle Campagne e delle Relazioni Istituzionali di Humane Society International/UK, ha dichiarato: “Gli allevamenti finlandesi di animali da pelliccia descrivono il benessere animale come ‘una priorità assoluta’, ma questa inchiesta racconta una storia molto diversa. Costretti a trascorrere tutta la loro vita in gabbie solo un po’ più grandi dei loro corpi, molti degli animali che abbiamo visto erano cronicamente stressati, altri avevano occhi e bocche malati e alcuni presentavano ferite aperte, chiaramente non trattate. Inoltre, abbiamo assistito a violazioni delle normative destinate a prevenire la diffusione dell’influenza aviaria. Ho visitato circa venti allevamenti negli ultimi sei anni e, da quanto ho visto in ogni occasione, è chiaro che il commercio di pellicce ignora sistematicamente sia il benessere animale sia la salute pubblica. Queste condizioni orribili sono lontane anni luce dall’immagine di ‘lusso’ che il commercio di pellicce cerca di dipingere”.

Focolai sia di Covid-19 sia di influenza aviaria ad alta patogenicità in oltre cinquecento allevamenti di animali per la produzione di pelliccia in Europa e Nord America hanno allarmato scienziati e autorità sanitarie. In seguito al focolaio di influenza aviaria riscontrato negli allevamenti finlandesi nel 2023, che si ritiene sia stato originariamente causato dai gabbiani selvatici, le autorità finlandesi hanno introdotto misure di biosicurezza e fasi obbligatorie di test sulle carcasse. Hanno anche istituito regolamenti che richiedono l’uso di reti per impedire agli uccelli selvatici di accedere alle gabbie degli animali allevati, alla loro acqua e ai loro alimenti; le reti devono essere controllate regolarmente e ogni uccello rinvenuto all’interno deve essere rimosso immediatamente. Gli investigatori di HSI/UK hanno identificato allevamenti che mettono a rischio la salute pubblica ignorando queste regole. In molti casi, le reti non coprivano tutta la lunghezza delle gabbie, e in un allevamento è stato rinvenuto il corpo in decomposizione di un gabbiano selvatico proprio sotto una fila di volpi in gabbia.

Kristo Muurimaa di Oikeutta eläimille ha dichiarato: “Gli allevamenti finlandesi per la produzione di pellicce rappresentano una catastrofe sanitaria in attesa di verificarsi. Le gabbie sono esposte agli agenti atmosferici e non c’è modo di prevenire in modo affidabile che gli uccelli selvatici infettino gli animali allevati con l’influenza aviaria. Esortiamo il Governo finlandese a seguire l’esempio di altri ventidue paesi europei e a fornire supporto affinché gli agricoltori possano porre fine rapidamente a questa industria”.

Alessandro Fazzi, Consulente Rapporti Istituzionali di HSI in Italia, ha aggiunto: “I divieti di allevamento di animali per la produzione di pellicce già ottenuti in molti paesi europei, inclusa l’Italia, grazie all’impegno di HSI e di altre organizzazioni, rappresentano un passo fondamentale verso un’Europa più etica e rispettosa degli animali. Per questo, è necessario che il divieto venga esteso al più presto su tutto il territorio dell’Unione Europea”.

NOTE

  • Decine di milioni di animali soffrono e muoiono ogni anno a causa del commercio globale di pellicce. La stragrande maggioranza degli animali viene allevata in batteria, all’interno di gabbie spoglie.
  • Oltre al tormento fisico e psicologico causato dall’essere confinati in piccole gabbie vuote per tutta la loro vita, i metodi comunemente usati per uccidere gli animali allevati per le loro pellicce sono altrettanto crudeli. Le volpi vengono tipicamente uccise tramite elettrocuzione anale, mentre i visoni vengono uccisi nelle camere a gas.
  • Il Regno Unito è stato il primo paese al mondo a vietare l’allevamento di animali per la produzione di pellicce. Un totale di ventidue paesi europei, inclusa l’Italia, ha vietato questa pratica crudele; le ultime nazioni in ordine cronologico sono state la Romania e la Lituania.
  • In seguito ai focolai di influenza aviaria riscontrati nel 2023 negli allevamenti finlandesi, nei quali si riteneva che fosse probabilmente avvenuta la trasmissione da mammifero a mammifero, le autorità locali hanno ordinato l’abbattimento di tutti gli animali presenti negli allevamenti coinvolti (circa 500mila visoni, volpi, cani procione e zibellini) per motivi di salute pubblica.
  • In un articolo pubblicato a luglio 2023 sulla rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences, la prof.ssa Wendy Barclay e il dott. Thomas Peacock dell’Imperial College di Londra hanno avvertito che l’allevamento di animali da pelliccia rappresenta un rischio per l’insorgenza di futuri focolai di malattie e dovrebbe essere considerato altamente rischioso, al pari del commercio di carne di animali selvatici e i mercati di animali vivi.
  • Uno studio pubblicato su Nature a settembre 2024 ha svelato come, negli allevamenti cinesi per la produzione di pellicce, siano stati identificati trentanove virus classificati come “potenzialmente ad alto rischio” per la trasmissione all’organismo umano, inclusi tredici virus nuovi e undici virus responsabili di zoonosi. Il prof. Edward Holmes dell’Università di Sydney, tra gli autori dello studio, ha descritto il commercio di pellicce come “una scommessa” e ha sottolineato che gli allevamenti a esso dedicati comportano un chiaro “rischio epidemico o pandemico”.
  • Un decreto del Ministero finlandese dell’Agricoltura e delle Foreste stabilisce l’adozione di misure precauzionali per prevenire la trasmissione dell’influenza aviaria dagli animali selvatici agli animali allevati per la loro pelliccia. Quando hanno visitato gli allevamenti, gli investigatori hanno adottato misure di protezione completa per la biosicurezza, indossando nuove tute protettive, copriscarpe e mascherine in occasione di ogni visita, e hanno effettuato gli appositi test per assicurare la loro negatività al Covid-19 prima delle visite.

FINE

Contatti stampa: Elisabetta Scuri: +39 3445283910; escuri@hsi.org

Quest’anno, i doni solidali di Humane Society International/Europe contribuiscono a tutelare gli animali più bisognosi e a promuovere la sostenibilità sociale e ambientale

Humane Society International / Europa


Amiguri
HSI

ROMA—Ciascuno di noi ha il potere di “dare un taglio alla crudeltà” nei confronti degli animali: “Cut the Cruelty” è il tema della campagna di Natale 2024 di Humane Society International/Europe che, grazie alla collaborazione con l’azienda vietnamita Bobi Craft, offre a ognuno di noi la possibilità di contribuire alla tutela di tutti gli animali tramite la scelta di doni solidali realizzati all’uncinetto in Vietnam.

Nata dalla volontà di promuovere l’arte dell’artigianato, sostenendo al contempo le comunità più povere e svantaggiate, Bobi Craft conta oggi 400 dipendenti, di cui il 98 per cento è rappresentato da donne e il 20 per cento da persone con disabilità. Cane, coniglio, foca, leone, pecora e volpe: che li si voglia regalare ai propri cari o appendere al proprio albero di Natale, tutti gli animaletti crochet sono confezionati a mano da artigiani e artigiane del Vietnam, alcuni dei quali appartenenti alle fasce più vulnerabili della popolazione, utilizzando cotone biologico e materiali riciclati.

La scelta delle specie non è casuale: ognuna di esse rappresenta una delle campagne di Humane Society International, e ciascun animaletto contribuisce simbolicamente a salvare tutti i suoi simili, che si tratti dei cani e dei gatti macellati per la loro carne o dei conigli impiegati nella sperimentazione animale; dei cuccioli di foca cacciati nel Canada settentrionale o dei leoni coinvolti nel commercio illegale di fauna selvatica; degli agnelli e degli altri animali confinati negli allevamenti o delle volpi uccise per la loro pelliccia.

HSI si batte da oltre venticinque anni per migliorare il rapporto uomo-animale, anche sulla base del principio “One Health”, secondo cui la salute dell’ambiente, degli esseri umani e delle altre specie sono strettamente collegate. Nell’ultimo anno, ha lavorato duramente per mettere in salvo gli animali colpiti dagli eventi meteorologici estremi, sempre più frequenti e intensi a causa della crisi climatica: la sua squadra di soccorso è intervenuta in aiuto della fauna selvatica e degli animali allevati e da affezione che si sono trovati a fronteggiare fenomeni come incendi, inondazioni e uragani. È intervenuta anche nelle zone di conflitto, fornendo assistenza vitale a più di 300mila animali dall’inizio della guerra in Ucraina.

HSI ha concorso inoltre all’approvazione, da parte del Parlamento sudcoreano, di un divieto che porrà fine all’allevamento di cani per la produzione di carne in Corea del Sud entro il 2027. Solo nell’ultimo mese, ha salvato sedici cani da una struttura che fungeva da macello e ristorante in una remota regione a sud del Vietnam, occupandosi della riabilitazione psicofisica degli animali e sostenendo la transizione del proprietario verso un nuovo modello di business, grazie al programma Models for Change.

Chiunque desideri contribuire all’ottenimento di risultati come questi, può farlo anche scegliendo di regalarsi o regalare gli altri doni solidali che sono disponibili sulla piattaforma di e-commerce dell’organizzazione: si spazia dalle decorazioni natalizie plastic-free, in cartone stampato su entrambi i lati, alla ciotola da viaggio pieghevole, lavabile e a basso impatto ambientale, passando per i foulard realizzati al 100 per cento in cotone Made in Italy da Calabrese 1924, disponibili in una serie di fantasie diverse che vedono come protagonisti cani e gatti multicolore.

Con ogni acquisto, l’acquirente o il destinatario del regalo riceverà una lettera personalizzata di HSI che attesterà l’impegno reale per gli animali e l’ambiente. Ogni regalo contribuisce a tutelare tutti gli animali da qualunque forma di crudeltà e diventa un dono per quelli più bisognosi, che necessitano di aiuti concreti come cibo, trasporti sicuri, cure veterinarie e terapie di riabilitazione.

“Anche durante il periodo delle feste, con i nostri regali solidali, è possibile restare vicini agli animali, ovunque si trovino nel mondo, scegliendo un regalo che è soprattutto una testimonianza di amicizia, rispetto e amore verso i meno fortunati”, ha dichiarato Rosaclelia Ganzerli, Individual Giving Director di Humane Society International/Europe. “Ciascuno degli amigurumi (letteralmente, ‘animali all’uncinetto’) rappresenta una vita vera, un amico che conta su di noi. Più ne scegliamo, più grande sarà l’impatto del nostro aiuto. È un modo speciale per ricordare che gli animali sono amici fedeli e preziosi, e che insieme possiamo dare loro il futuro che meritano”.

A questo link è possibile visionare le foto degli amigurumi e delle specie animali che rappresentano. Si prega di inviare una mail a escuri@hsi.org per il download.

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Humane Society International/Europe e Fondazione Cave Canem ETS accolgono in maniera particolarmente positiva le norme riguardanti il fenomeno criminoso dei combattimenti tra cani

Humane Society International / Europa


Meredith Lee/The HSUS

ROMA—Humane Society International/Europe e Fondazione Cave Canem ETS accolgono favorevolmente la prima approvazione, da parte della Camera dei Deputati, della proposta di legge (pdl) AC 30. La proposta, approvata il 20 novembre 2024, ha come prima firmataria e relatrice l’On. Michela Vittoria Brambilla, Presidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali, e ha l’obiettivo di introdurre “modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni per l’integrazione e l’armonizzazione della disciplina in materia di reati contro gli animali”.

Una delle novità più rilevanti della pdl – che, per divenire legge, dovrà essere approvata anche dal Senato della Repubblica – consiste nella modifica del titolo IX bis del codice penale: l’attuale versione “Dei delitti contro il sentimento dell’uomo per gli animali” si trasformerà nella nuova formula “Dei delitti contro gli animali”. Tale modifica, in linea con l’inserimento della tutela degli animali come esseri senzienti nella Costituzione italiana, identifica gli stessi come le parti lese in caso di reato.

HSI/Europe e Fondazione Cave Canem, organizzazioni ideatrici del progetto IO NON COMBATTO, volto a prevenire e contrastare i combattimenti tra cani, accolgono in maniera particolarmente positiva le nuove norme riguardanti tale fenomeno criminoso. È previsto, in particolare, un aumento delle pene per la violazione del divieto di combattimenti o di competizioni non autorizzate tra animali (art. 544 quinquies del codice penale): la pena detentiva aumenta da un minimo di un anno a un minimo di due anni e da un massimo di tre a un massimo di quattro anni. Sarà punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5mila a 30mila euro anche chi partecipa a qualsiasi titolo a tali attività criminali.

Inoltre, le misure di prevenzione previste dal codice antimafia potranno essere applicate anche ai soggetti che si dedicano abitualmente all’organizzazione di combattimenti tra animali e spettacoli o manifestazioni che comportino sevizie o strazio per gli animali (a esclusione di quelli regolamentati da leggi speciali come l’attività circense, i giardini zoologici e le manifestazioni storiche e culturali). Infine, gli animali sequestrati, anche per quanto riguarda quelli a vario titolo coinvolti nei combattimenti, potranno essere affidati definitivamente a enti o cittadini capaci di garantirne il benessere prima della conclusione dei procedimenti penali.

“Questo risultato va a consolidare il lavoro che stiamo portando avanti da ormai quattro anni in collaborazione con le Forze di polizia, la Magistratura e i rappresentanti del mondo accademico – dichiarano Alessandro Fazzi, Consulente rapporti istituzionali di HSI/Europe e Federica Faiella, Presidente della Fondazione Cave Canem – e costituisce anche un forte segnale della percezione che si ha del combattimento tra animali, quale parte di un circuito criminale dal forte connotato di pericolosità sociale, causa di sofferenze psicofisiche per gli animali coinvolti, nonché fonte di devianza minorile. Confidiamo che, nel corso dell’iter di approvazione della Legge di bilancio 2025, vengano approvati anche gli emendamenti ispirati alla nostra campagna relativi alla formazione delle Forze di polizia e alla riabilitazione degli animali coinvolti, due passi fondamentali per una vera implementazione delle norme”.

Anche l’On. Michela Vittoria Brambilla sottolinea che: “La formazione specialistica dei Carabinieri forestali e la riabilitazione psicofisica degli animali sequestrati o confiscati sono due pilastri della politica di contrasto all’odioso reato di organizzazione di combattimenti tra animali, in particolare tra cani. Il terzo è l’aumento delle pene, con estensione della punibilità ai semplici spettatori, previsto dal testo della pdl AC 30, di cui sono prima firmataria e relatrice. Mi auguro che sia tenuta nella dovuta considerazione l’esigenza di fermare un’attività non solo pericolosissima e letale per gli animali, vittime innocenti, ma indissolubilmente legata agli stessi gruppi criminali che si arricchiscono con il traffico di droga e il gioco illegale. Quelli che ci proponiamo di finanziare con l’emendamento sono investimenti indispensabili per salvare gli animali e metter fine a queste barbare competizioni, indegne di un Paese civile”.

L’AC 30 prevede, tra l’altro, un inasprimento delle pene per l’uccisione di animali “per crudeltà o senza necessità” (articolo 544 bis del codice penale). In particolare, la pena passa da un minimo di quattro mesi di reclusione a un minimo di sei mesi, e da un massimo di due anni di reclusione a un massimo di tre anni – che possono diventare quattro “se il fatto è commesso adoperando sevizie o prolungando volutamente le sofferenze dell’animale”. Viene inoltre introdotta una sanzione pecuniaria compresa fra 5mila e 60mila euro.

Inoltre, prevede l’inasprimento delle pene per il maltrattamento di animali e il traffico di cuccioli, mentre aumenta il valore delle sanzioni pecuniarie per l’organizzazione di spettacoli e manifestazioni vietati e per l’abbandono e detenzione degli animali in condizioni incompatibili. La condotta di tenere i cani alla catena, spesso connessa ai combattimenti e finora vietata solo da alcune leggi regionali, diventa illecito a livello nazionale, tranne nel caso in cui sia imposta “da documentate ragioni sanitarie, o da temporanee esigenze di sicurezza”.

FINE

Contatti stampa

Oggi a Roma la conferenza stampa sull’emendamento alla Legge di bilancio 2025 per un segno distintivo che identifichi i prodotti da filiere senza gabbie, considerato però inammissibile dalla Commissione Bilancio

Humane Society International / Europa


HSI

ROMA—“Sì alla trasparenza, no alle gabbie, sì al segno distintivo cage-free” è l’appello che alcune associazioni – Animal Equality Italia, Animal Law Italia, CIWF Italia, ENPA, Essere Animali, Humane Society International/Europe, LAV, Legambiente e LNDC Animal Protection – a nome della coalizione italiana End the Cage Age1 hanno rivolto al Parlamento, durante la conferenza stampa tenutasi presso la Sala stampa della Camera dei Deputati, dal titolo “La fine delle gabbie: opportunità e sfide per sostenere la transizione del settore zootecnico in Italia”.

Presenti diversi parlamentari delle forze di opposizione che si sono uniti alla richiesta della creazione di un segno distintivo “cage-free” (“senza gabbie”) per tutte le specie allevate nell’ambito della specifica etichettatura relativa al “Sistema di qualità nazionale per il benessere animale” (SQNBA2) che sarà sul mercato dall’anno prossimo.

La certificazione “cage-free” darebbe rilievo positivo ai prodotti provenienti da sistemi che non fanno uso di gabbie, riconoscendo l’impegno delle numerose aziende agroalimentari – tra cui molte italiane – che stanno eliminando gradualmente le gabbie dalle loro filiere3. Sono già oltre 1.400 le aziende alimentari europee che si sono impegnate a non utilizzare le gabbie per l’allevamento delle galline impiegate nell’industria delle uova e ben oltre la metà di queste aziende ha già realizzato i propri impegni per vendere o utilizzare solo uova cage-free anche per i prodotti confezionati, mentre altre si sono impegnate a eliminare le gabbie per l’allevamento di scrofe e conigli4. In Italia, tre importanti produttori del settore suinicolo hanno preso impegni pubblici e concreti per eliminare le gabbie per le scrofe dalle proprie filiere, generando un impatto economico positivo e allargando le possibilità per l’export del Made in Italy verso mercati esteri ed europei che presentano standard più elevati, come Regno Unito e Svezia.

I parlamentari presenti hanno raccolto questa istanza presentando un apposito emendamento alla Legge di bilancio 2025, con cui si chiede l’introduzione di un chiaro segno distintivo “cage-free” all’interno dell’attuale sistema di certificazione SQNBA per valorizzare il sistema produttivo italiano che ha già fatto investimenti. Tuttavia, la Commissione Bilancio ha dichiarato l’emendamento inammissibile.

“Siamo sorpresi e sconcertati che l’emendamento per la creazione del bollino ‘cage-free’ sia stato dichiarato inammissibile” – dichiarano le associazioni. “Sarà stata una svista o un mero errore formale, sarebbe inspiegabile perdere l’occasione, a costo quasi zero, per migliorare le condizioni degli animali allevati e, soprattutto, far uscire dal buio e dall’anonimato l’impegno delle tante aziende agroalimentari italiane che stanno eliminando gradualmente le gabbie dalle loro filiere. Per far ciò queste aziende hanno compiuto investimenti a proprie spese e il minimo che Parlamento e Governo possono fare è permettere loro di rendere riconoscibili i loro prodotti da quelli che invece arrivano da animali in gabbia. Questa svista non chiude la questione, ci attendiamo che la battaglia politica per il riconoscimento di questo importante strumento di giustizia e trasparenza venga, con eventuali modifiche, raccolta e vinta da tutto il Parlamento sin da questa Legge di bilancio”.

Dopo il saluto del Vicepresidente della Camera On.le Sergio Costa, sono intervenuti le deputate On. Eleonora Evi (PD) e On. Giulia Pastorella (Azione), e i deputati On. Alessandro Caramiello (M5S) e On. Devis Dori (AVS), con la moderazione di Cristina Del Tutto, Direttrice di Radio Parlamentare. Era presente anche l’On. Benedetto Della Vedova (+Europa), fra i firmatari dell’emendamento.

In Europa, ogni anno oltre 300 milioni di animali allevati a fini alimentari – di cui almeno 40 milioni in Italia – trascorrono ancora tutta la vita o gran parte della vita in gabbia. Gli animali tenuti in gabbia sono rinchiusi in ambienti spogli, in condizioni di sovraffollamento o di totale privazione di contatti sociali, incapaci di girarsi su loro stessi o di esprimere anche i più basilari comportamenti naturali della specie. La ricerca scientifica dimostra che le gabbie sono gravemente dannose per il benessere degli animali: posizione da cui non si discostano, ma anzi confermano, i più recenti pareri scientifici dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare5 (EFSA).

Tuttavia, mentre a livello normativo europeo le cose, anche se lentamente, si stanno muovendo6, la transizione verso sistemi senza gabbie da parte delle aziende del settore alimentare è già iniziata; riflesso, questa, anche della sensibilità dei cittadini-consumatori sul tema.

In occasione della conferenza stampa è stata proiettata la recentissima video-inchiesta realizzata da Compassion in World Farming (CIWF) in alcuni allevamenti di conigli italiani e polacchi. Immagini sconvolgenti, che hanno mostrato le drammatiche condizioni in cui vive la stragrande maggioranza dei 14 milioni di conigli allevati.

In Italia, cresce l’interesse pubblico verso il benessere animale, come  dimostrano l’Eurobarometro 2023 – secondo cui il 93% dei cittadini italiani ritiene importante che gli animali allevati abbiano spazio sufficiente per muoversi, sdraiarsi e alzarsi – e il sondaggio realizzato da Youtrend/Quorum per la campagna Vote4Animals, in vista delle elezioni europee dello scorso giugno, secondo cui 3 su 4 persone vorrebbero la fine delle crudeli pratiche diffuse negli allevamenti intensivi.

On. Sergio Costa dichiara: “La vita in gabbia per gli animali è veramente pesante e contrasta con tutti i principi di benessere animale, costringendoli ad uno straziante ergastolo. Saremmo felici se questo diventasse un emendamento governativo, è una speranza, forse un’utopia, ma è quella che seguiamo, quella di un futuro senza gabbie”.

On. Eleonora Evi (PD) afferma: “Siamo riusciti a mettere sullo stesso tavolo tutte le opposizioni, che hanno presentato insieme questo emendamento, che chiede una cosa semplice e chiara: riempire di significato la certificazione SQNBA che attualmente è una scatola vuota. Un’etichetta distintiva consentirebbe la possibilità di scelta ai consumatori e sosterrebbe quegli allevatori che la transizione a sistemi non in gabbia l’hanno già fatta”.

On. Giulia Pastorella (Azione) dice: “Condividiamo l’importanza di riconoscere lo sforzo di tutti quegli allevatori che hanno già investito in sistemi senza gabbie. È importante evitare fenomeni di ‘cage-free washing’ per spingere sempre più aziende a intraprendere una vera transizione verso sistemi senza gabbie e i consumatori a fare scelte consapevoli”.

On. Alessandro Caramiello (M5S) aggiunge: “Questo Governo non è né animalista né ambientalista, perciò sono scettico. Ci vuole una rivoluzione culturale, anche alimentare: si mangia troppa carne. Bisogna fare capire ai cittadini e alle aziende – che vanno accompagnate nella transizione – che gli animali non possono essere tenuti in queste condizioni”.

On. Devis Dori (AVS) dichiara: “Ringrazio tutte le associazioni animaliste, che sono uno stimolo e un importante pungolo per la politica, che spesso se non sente il fiato sul collo resta ferma. È importante creare sinergia, tra le associazioni, i partiti di opposizione, e anche la maggioranza: oltre a chiedere uno stop alle gabbie negli allevamenti per tutti gli animali, auspico che si possano marginalizzare le lobby che sono alla ricerca del mero profitto e non del benessere animale come i cacciatori e gli allevamenti intensivi”.

“È urgente istituire il segno distintivo cage-free all’interno della nuova etichettatura sul benessere animale che altrimenti risulterebbe veramente vuota di significato. I consumatori hanno diritto alla trasparenza e alle aziende virtuose deve venire riconosciuto il valore aggiunto (e il vantaggio competitivo) di allevare senza le crudeli gabbie”, concludono le associazioni.

A questo link è possibile scaricare le immagini dell’evento e altri materiali utili.

FINE

NOTE AI MEDIA

  1. La coalizione italiana End the Cage Age è formata da: Amici della Terra, Animal Aid, Animal Equality Italia, ALI – Animal Law Italia, Animalisti Italiani, CIWF Italia, Confconsumatori, ENPA, Essere Animali, HSI/Europe, Il Fatto Alimentare, Jane Goodall Institute Italia, LAC – Lega per l’Abolizione della Caccia, LAV, Legambiente, LEIDAA, LNDC Animal Protection, LUMEN, OIPA, Partito animalista, Terra Nuova, Terra! Onlus.
  2. In Italia, a novembre 2022, è stato introdotto il “Sistema di qualità nazionale benessere animale” (SQNBA) con l’obiettivo di “qualificare la gestione del processo di allevamento degli animali destinati alla produzione alimentare, distinti per specie, orientamento produttivo e metodo di allevamento, compresa la gestione delle emissioni nello stabilimento” (art. 1, co. 1, decreto SQNBA).
  3. Nel 2021, dieci aziende alimentari leader in Europa hanno espresso il loro appoggio all’Iniziativa dei Cittadini Europei End the Cage Age inviando una lettera congiunta alla Commissione Europea e ai parlamentari europei, sostenendo la richiesta dell’Iniziativa di eliminare gradualmente le gabbie.
  4. Per maggiori informazioni e casi studio sugli impegni delle aziende europee si rimanda al report Le aziende alimentari preparano il terreno per un’Europa senza gabbie verso sistemi cage-free.
  5. Nei suoi ultimi pareri scientifici sul benessere degli animali, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha raccomandato di non utilizzare più le gabbie per galline ovaiole, scrofe da riproduzione, quaglie e anatre per tutelare il benessere di queste specie.
  6. Il  5 settembre è stato pubblicato il report frutto del Dialogo strategico sul futuro dell’agricoltura dell’UE, nel quale si esorta la Commissione a presentare entro il 2026 le proposte per realizzare la promessa eliminazione delle gabbie dagli allevamenti europei. Inoltre, in occasione delle audizioni parlamentari per i ruoli nel nuovo esecutivo UE, il Commissario candidato a Salute e benessere animale ha dichiarato di volersi occupare di questo tema quanto prima.
  7. Nel 2021, in risposta all’Iniziativa dei Cittadini Europei End the Cage Age, che aveva raccolto con successo oltre 1,4 milioni di firme certificate attraverso l’impegno di oltre 170 associazioni europee, la Commissione UE aveva assunto un chiaro impegno formale a presentare entro la fine del 2023 una proposta legislativa per vietare l’uso delle gabbie negli allevamenti europei. Tuttavia, l’esecutivo UE non ha ancora tenuto fede all’impegno preso.

Contatti stampa: Elisabetta Scuri, Media & Communications Manager Italy, HSI/Europe. escuri@hsi.org

Purtroppo, rende noto Humane Society International/Europe, l’emendamento sui trofei di caccia è stato giudicato inammissibile

Humane Society International / Italia


Chiara Muzzini/Fondazione Cave Canem

ROMA—Contrasto dei combattimenti tra animali, in particolare tra cani, e divieto di importazione di trofei di caccia di specie animali minacciate di estinzione: questi i punti principali dei tre emendamenti alla Legge di bilancio 2025 sostenuti da Humane Society International/Europe a prima firma dell’On. Michela Vittoria Brambilla, Presidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali; dell’On. Sergio Costa, Vicepresidente della Camera e dello stesso Intergruppo, e dell’On. Susanna Cherchi, membro dell’Intergruppo.

Solo gli emendamenti 82.0180 e 119.03, contenenti disposizioni volte alla “formazione dei Carabinieri” e al “contrasto dei combattimenti tra animali”, sono stati giudicati ammissibili e saranno presi in esame dal Parlamento. I due emendamenti, rispettivamente a firma dei deputati Cherchi, Carmina, Costa, Dell’Olio, Donno e Torto e dei deputati Brambilla, Costa, Longi, Evi e Dalla Chiesa, prendono spunto dal progetto IO NON COMBATTO, ideato da Humane Society International/Europe e Fondazione Cave Canem Onlus con l’obiettivo di contrastare il fenomeno criminoso dei combattimenti tra cani, già vietati in Italia dall’articolo 544 quinquies del codice penale.

Entrambi propongono, nello specifico, lo stanziamento di € 150.000 per la formazione specialistica del Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell’Arma dei Carabinieri, e di € 350.000 per coprire i costi di custodia e di riabilitazione psicofisica degli animali sequestrati o confiscati a seguito del loro coinvolgimento nelle suddette attività criminali, nonché affetti da problematiche comportamentali.

Quello del combattimento tra animali, in particolare tra cani, è un fenomeno che risulta spesso associato al traffico di stupefacenti e al gioco d’azzardo, che incide in maniera profondamente negativa sul benessere psicofisico delle specie e delle razze coinvolte—in particolare, gli American Pit Bull Terrier—e che può coinvolgere anche cittadini minorenni, portandoli a sviluppare insensibilità verso la sofferenza degli animali, entusiasmo per la violenza e mancanza di rispetto per la legge.

“La formazione specialistica dei Carabinieri forestali e la riabilitazione psicofisica degli animali sequestrati o confiscati sono due pilastri della politica di contrasto all’odioso reato di organizzazione di combattimenti tra animali, in particolare tra cani. Il terzo è l’aumento delle pene, con estensione della punibilità ai semplici spettatori, previsto dal testo della pdl AC30, di cui sono prima firmataria e relatrice. Mi auguro che sia tenuta nella dovuta considerazione l’esigenza di fermare un’attività non solo pericolosissima e letale per gli animali, vittime innocenti, ma indissolubilmente legata agli stessi gruppi criminali che si arricchiscono con il traffico di droga e il gioco illegale. Quelli che ci proponiamo di finanziare con l’emendamento sono investimenti indispensabili per salvare gli animali e metter fine a queste barbare competizioni, indegne di un Paese civile”, ha dichiarato l’On. Michela Vittoria Brambilla.

Anche l’emendamento 82.0202, giudicato inammissibile per “estraneità di materia”, avrebbe previsto lo stanziamento di fondi da destinare alla formazione e all’addestramento delle Forze di polizia, finalizzati in questo caso “al contrasto del commercio illegale e al controllo del commercio internazionale e della detenzione di specie di fauna e flora minacciate di estinzione”. Tale emendamento, a firma dei deputati Costa, Cherchi, Caramiello, Carmina, Dell’Olio, Donno, Torto, Fontana, L’Abbate, Morfino e Santillo, avrebbe inoltre previsto l’introduzione di un “divieto di importazione, esportazione e ri-esportazione dei trofei di caccia” di specie minacciate di estinzione, accanto a specifiche pene da comminare ai trasgressori.

“Siamo contrariati dalla decisione di inammissibilità sull’emendamento che introduceva il divieto di importazione dei trofei di caccia di specie a rischio estinzione. Purtroppo questo non ci sorprende, visto l’atteggiamento di gran parte della maggioranza verso la tutela degli animali in generale e sul tema in particolare. La nostra battaglia sul tema proseguirà, proveremo a ripresentare l’emendamento alla prima occasione utile. Chiediamo che i partiti di Governo siano disposti ad ascoltarci, anche rispetto alle altre proposte per la tutela degli animali presentate alla Legge di bilancio”, ha dichiarato l’On. Sergio Costa.

Fra il 2013 e il 2022, l’Unione Europea ha importato trofei di caccia provenienti da oltre 27.000 animali appartenenti a specie protette dalla Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES), posizionandosi come il secondo importatore mondiale dopo gli Stati Uniti d’America. L’Italia, nello stesso periodo, ha importato 492 trofei, appartenenti a specie come l’elefante africano, l’orso polare, il rinoceronte nero, il leone e il leopardo.

Con la campagna #NotInMyWorld, HSI/Europe mira a sensibilizzare Governi e aziende sul tema. La pratica della caccia al trofeo non contribuisce né al sostentamento delle comunità locali, cui viene destinata solo un’infinitesima parte delle entrate, né alla conservazione degli ambienti naturali: al contrario, mette a rischio interi ecosistemi, in cui l’equilibrio fra erbivori e carnivori è fondamentale. L’ecoturismo è un’alternativa più sostenibile e più redditizia, capace di generare risorse e posti di lavoro per sostenere la conservazione e l’occupazione locale.

“Abbiamo accolto con grande favore la presentazione, anche a questa Legge di bilancio, di questi emendamenti, da parte di un largo numero di deputati e deputate di differenti partiti, anche di maggioranza”, ha concluso Alessandro Fazzi, Consulente rapporti istituzionali di Humane Society International/Europe. “Per quanto riguarda il fenomeno dei combattimenti tra cani, legato ad altre pratiche criminali come il traffico di stupefacenti e il gioco d’azzardo, esso ha effetti devastanti sia sugli animali coinvolti sia sul tessuto sociale, soprattutto per le giovani generazioni. L’approvazione degli emendamenti che prevedono fondi specifici volti al suo contrasto rappresenterebbe un passo concreto verso la protezione degli animali. Purtroppo, invece, il Presidente della V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione) della Camera dei Deputati ha giudicato inammissibile l’emendamento relativo all’importazione ed esportazione di trofei di caccia di specie animali a rischio estinzione. Siamo delusi, poiché il divieto di importazione ed esportazione dei trofei di caccia di specie minacciate avrebbe rappresentato un segnale forte e necessario per porre fine a pratiche che mettono a rischio l’equilibrio degli ecosistemi e vanificano gli sforzi per la conservazione”.

FINE

Contatti stampa: Elisabetta Scuri, Media & Communications Manager Italy, HSI/Europe: escuri@hsi.org

Il proprietario, il signor Cuong, avvierà un’attività di fornitura di bombole di gas con il supporto di Humane Society International

Humane Society International


Nhan Tran/AP Images for HSI

DONG NAI, Viet Nam—Una struttura che fungeva da macello e da ristorante di carne di cane nel distretto di Trang Bom, nella provincia vietnamita di Dong Nai, ha chiuso dopo vent’anni, come parte del programma Models for Change dell’organizzazione per la protezione degli animali Humane Society International.

Lanciato in Vietnam nel 2022, il programma aiuta le persone a effettuare la transizione al di fuori dal crudele e pericoloso commercio di carne di cane e gatto, riducendo al contempo la crudeltà verso gli animali e la trasmissione della rabbia, in collaborazione con il Dipartimento per gli Animali Allevati, la Salute Animale e la Pesca di Dong Nai. Il proprietario quarantenne, il signor Dao Van Cuong, ha in programma di avviare un’attività di vendita di vernici e successivamente anche di fornire bombole di gas per uso domestico agli abitanti della comunità locale, con un contributo economico per l’avvio dell’attività da parte di HSI.

La provincia di Dong Nai, situata nel sud del Vietnam, al confine con la città di Ho Chi Minh, ospita circa cinquecento ristoranti che servono carne di cane e di gatto. È anche una via di transito per i cani destinati ai macelli nel nord del paese. HSI ha iniziato a lavorare nella provincia su richiesta delle autorità locali e, fino a oggi, ha sostenuto attività educative per i bambini sul tema della rabbia, formato veterinari governativi nelle tecniche di sterilizzazione e castrazione e condotto workshop sulla prevenzione della rabbia in tutta Dong Nai.

Phuong Tham, Direttrice per il Vietnam di Humane Society International, ha dichiarato: “Qui nelle province di Dong Nai e Thai Nguyen siamo orgogliosi di aiutare il Governo a raggiungere l’obiettivo di azzerare il numero di morti umane per rabbia derivanti da interazioni con i cani entro il 2030, anche affrontando la questione del commercio di carne di cane. Il Vietnam non può sperare di eliminare la rabbia e raggiungere questo obiettivo senza affrontare il commercio di carne di cane. Speriamo che il nostro programma Models for Change in Vietnam diventi una componente fondamentale della strategia del paese per offrire mezzi di sostentamento alternativi ed economicamente sostenibili a chi, come il signor Cuong, dipende da questo commercio, e che il programma possa servire come complemento pratico alla riforma legislativa e normativa”.

Per oltre due decenni, il ristorante e il macello attualmente gestiti dal signor Cuong si sono fatti consegnare migliaia di cani da tutto il paese, che venivano uccisi e serviti per il consumo umano. In tutta la provincia, ci sono cani vivi che vengono consegnati a strutture come questa, stipati all’interno di gabbie a bordo di camion che viaggiano per ore dalla vicina provincia del Delta del Mekong. Molti cani provengono anche da commercianti locali che prelevano i cani in moto dai residenti che vendono i loro animali domestici o allevano cuccioli per il commercio di carne. Il signor Cuong ha preso in gestione l’attività nove anni fa, ma il senso di colpa e lo stress derivanti dall’uccisione dei cani hanno contribuito alla sua decisione di abbandonare definitivamente il commercio di carne di cane e di passare a un’attività economica alternativa.

Il signor Cuong ha dichiarato: “Per nove anni ho ucciso cani e polli, li ho macellati e serviti ai miei clienti. I soldi vanno bene, ma questo lavoro non mi rende per niente felice. Non voglio più uccidere questi animali, mi fa sentire male. Vendere vernici e bombole di gas ai residenti locali sarà un’attività molto più tranquilla. Non vedo l’ora di avviare un’impresa dove possa avere la coscienza a posto e non essere coinvolto nell’uccisione di cani. Non sarei riuscito a compiere questo passo senza il supporto del programma Models for Change di HSI e delle autorità di Dong Nai; quindi, sono grato per tutto il loro sostegno”.

Nell’ultimo giorno di attività del signor Cuong, HSI ha salvato gli ultimi sedici cani rimasti, che sono stati trovati tremanti nelle gabbie sul retro del ristorante. HSI li ha trasferiti in una struttura temporanea, dove stanno ricevendo cure veterinarie – compresa la sterilizzazione e le vaccinazioni contro la rabbia e il cimurro – e saranno valutati per eventuali adozioni locali. Molti di loro hanno il pelo pieno di nodi, disturbi alla pelle e infezioni agli occhi. È possibile sostenere le cure con un piccolo contributo.

Phuong Tham di HSI ha aggiunto: “Questi cani erano chiaramente terrorizzati quando li abbiamo trovati. Hanno passato un’odissea e sono stati a un passo dalla morte per il commercio di carne di cane, ma fortunatamente siamo riusciti a salvarli in tempo. Per questi cani, il commercio di carne è finito e nessun altro cane dovrà mai più soffrire e morire in questa struttura. Ma per i milioni di altri cani che continuano a soffrire in tutto il Vietnam, e per i milioni di cittadini la cui salute è messa a rischio dalla diffusione della rabbia e di altre malattie, continueremo a lavorare attivamente con l’obiettivo di porre fine a questo commercio crudele e pericoloso”.

Dopo il salvataggio, il team di HSI in Vietnam ha tenuto una tavola rotonda con i funzionari del Dipartimento della Salute Animale delle province di Dong Nai e Thai Nguyen, durante la quale i leader provinciali hanno concordato di proporre una direttiva ai rispettivi Consigli Popolari per garantire l’applicazione rigorosa delle leggi e delle normative sulla rabbia e sul trasporto e macellazione interprovinciale degli animali, rendendo più difficile il funzionamento dei commerci di carne di cane e gatto.

La rabbia uccide ogni anno più di settanta persone in Vietnam, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, con quasi tutti i casi causati da morsi di cane, inclusi casi verificati e dati provenienti dall’Istituto Nazionale di Igiene ed Epidemiologia del Vietnam che mostrano infezioni umane dopo l’uccisione, la macellazione o il consumo di cani. Organizzazioni internazionali, tra cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, l’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale e l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico, hanno fissato l’obiettivo di eliminare la rabbia trasmessa dai cani entro il 2030, identificando il Vietnam come una delle regioni chiave per il raggiungimento di questo traguardo. Intervenire sul commercio di carne di cane in Vietnam è fondamentale per eradicare la rabbia.

Nguyen Truong Giang, Direttore del Dipartimento di Produzione dei Mezzi di Sussistenza e Salute Animale della Provincia di Dong Nai, ha commentato: “Per affrontare la rabbia, dobbiamo intervenire su tutte le modalità con cui questa malattia si diffonde in Vietnam. È chiaro che il commercio di carne di cane contribuisce alla diffusione del virus, ed è per questo che siamo felici di lavorare con il programma Models for Change di HSI per aiutare i lavoratori del commercio di carne di cane e gatto a passare a mezzi di sussistenza migliori e più sicuri per sé stessi e per le loro comunità”.

NOTE

  • Il commercio di carne di cane in Vietnam è per lo più rifornito da cani rapiti dalle strade o rubati da case private. I commercianti usano frequentemente esche avvelenate, come polpette imbottite di cianuro, e catturano i cani con dolorose pistole taser e pinze.
  • I commercianti si recano anche di villaggio in villaggio per acquistare cani dalle comunità rurali che occasionalmente vendono animali “in eccesso” per guadagnare un reddito extra.
  • Per il trasporto a lunga distanza, i cani vengono stipati in piccole gabbie e trasportati per ore o addirittura giorni senza cibo né acqua; molti di loro subiscono lesioni e sopportano stanchezza, disidratazione, soffocamento, colpi di calore e persino la morte prima di arrivare al macello, al mercato o al ristorante.
  • La vendita e il consumo di carne di cane non sono illegali in Vietnam, ma il trasporto interprovinciale non regolamentato di cani è illegale dal 2009, e il furto di animali domestici è stato reso reato nel 2016. Sebbene diverse città, tra cui Hanoi e Hoi An, abbiano promesso di porre fine al commercio, l’applicazione delle leggi è rara e i camion continuano a trasportare centinaia di cani alla volta sulle autostrade nazionali.
  • La maggior parte delle persone in Vietnam non mangia carne di cane. Un sondaggio condotto da Nielsen tra agosto e settembre 2023 su commissione di HSI ha rilevato che circa un quarto della popolazione (il 24%) aveva consumato carne di cane (thịt chó) nell’ultimo anno, con il 64% e il 68% dei rispondenti rispettivamente favorevoli a un divieto sul consumo e sul commercio di tale prodotto. Alcuni consumatori, nonostante l’assenza di prove scientifiche, credono che la carne di cane abbia proprietà medicinali e che possa aumentare la virilità maschile.

Il programma Models for Change di HSI è approdato in Vietnam nel 2022 dopo aver operato con successo in Corea del Sud a partire dal 2015, dove HSI ha chiuso diciotto allevamenti per la produzione di carne di cane, salvando più di 2.500 cani e aiutando gli allevatori a passare a mezzi di sussistenza più sostenibili, come la coltivazione di peperoncini o prezzemolo.

A questo link è possibile visionare foto e video. Si prega di inviare una mail a escuri@hsi.org per il download.

FINE

Contatti stampa: Elisabetta Scuri, Media & Communications Manager Italy, HSI/Europe: escuri@hsi.org

Le associazioni: «L’ennesima riprova del “malessere animale” nei sistemi in gabbia italiani ed europei. L’UE deve fare la sua parte, e presentare la proposta di divieto al più presto possibile»

Humane Society International / Europa


CIWF

ROMA—Una nuova video-inchiesta realizzata da Compassion in World Farming e resa pubblica ieri dalla coalizione italiana End the Cage Age, di cui fa parte anche Humane Society International/Europe, punta ancora una volta i riflettori sulle sofferenze patite dagli animali allevati a scopo alimentare in gabbia e, con esse, la necessità di un divieto a livello europeo che metta fine a questo sistema crudele e obsoleto.

La pubblicazione della video-inchiesta avviene in concomitanza con un passaggio fondamentale per il nuovo esecutivo europeo: l’avvio delle udienze a Bruxelles per la nomina dei nuovi Commissari, inclusi quelli chiamati in causa sul tema dell’allevamento in gabbia. La Commissione UE – fanno appello le associazioni – deve tener fede alla parola data e presentare il promesso divieto dell’utilizzo delle gabbie nell’allevamento.

Le sconvolgenti immagini, filmate in allevamenti italiani e polacchi, mostrano conigli in gabbie così piccole da impedire loro di allungare completamente le zampe, che masticano disperatamente le grate in un gesto di frustrazione, e altri costretti a condividere il poco spazio con altri esemplari morti.

Anche negli allevamenti italiani gli investigatori hanno trovato conigli stipati in piccole gabbie sovraffollate, senza sufficiente spazio in altezza. In un allevamento, poi hanno assistito a parte della inquietante procedura per la raccolta del seme per l’inseminazione artificiale, che consisteva anche nel forzare un coniglio maschio a rapporti sessuali con un suo compagno. A quanto affermato dall’allevatore, si trattava di una pratica per “scaldare” i maschi.

In un altro caso, gli investigatori hanno osservato due tipi di gabbie cosiddette “arricchite”. Sebbene queste avessero più spazio in verticale e in orizzontale, erano comunque troppo piccole per permettere ai conigli di fare salti consecutivi, il che è un elemento essenziale per garantire loro condizioni di vita più rispettose. In più, la maggior parte delle gabbie aveva comunque la pavimentazione metallica e mancava di arricchimenti ambientali come gli elementi masticabili, cruciali per il benessere psicofisico dei conigli. Le gabbie “arricchite”, seppure rappresentino un minimo miglioramento rispetto alle gabbie “convenzionali”, non rispettano le esigenze di benessere dei conigli.

Le immagini mostrano conigli:

  • stipati in gabbie così piccole da non potersi allungare, saltare o sollevare sulle zampe posteriori, tutti comportamenti naturali fondamentali altamente motivati;
  •  confinati in gabbie individuali, nonostante siano animali sociali;
  • morti o malati, che giacevano senza vita con le orecchie rosicchiate o incapaci di sollevare la testa accanto ai conigli vivi;
  • privi di materiali da rosicchiare per limare i denti in costante crescita, spinti così a masticare le grate della gabbia o le orecchie dei compagni;
  • stabulati su scomode pavimentazioni di rete metallica, con conseguenti ferite alla cute, piaghe sulle zampe o lesioni ai garretti;
  • (in due allevamenti) che ansimavano per via delle alte temperature;
  • (in un allevamento) con la gran parte del loro corpo privo di pelliccia, probabilmente per via di una parassitosi o un’infezione.

In Italia nel 2023 sono stati macellati 14,5 milioni di conigli, la stragrande maggioranza dei quali proveniente da allevamenti intensivi in gabbia.

Ma ciò che è stato osservato dagli investigatori in Italia e Polonia è rappresentativo delle condizioni della maggior parte degli allevamenti di conigli in tutta l’UE, in cui non sono tutelate neanche le più basilari necessità comportamentali dei conigli.

Purtroppo, a causa del ritardo della Commissione Europea nel vietare l’allevamento in gabbia e dell’assenza di leggi specie-specifiche che proteggano il benessere dei conigli allevati nell’UE, queste riprese ritraggono condizioni di allevamento agghiaccianti, ma perfettamente legali.

In Europa, ogni anno vengono macellati circa 77 milioni di conigli*. Si stima che il 90% di essi sia allevato in gabbia, compresa la quasi totalità degli esemplari impiegati nella riproduzione.

Nel 2021, in risposta all’Iniziativa dei cittadini europei End the Cage Age, che aveva raccolto con successo oltre 1,4 milioni di firme certificate, la Commissione UE aveva assunto un chiaro impegno formale a presentare entro la fine del 2023 una proposta legislativa per vietare l’uso delle gabbie negli allevamenti europei. Tuttavia, l’esecutivo UE non ha ancora tenuto fede al proprio proposito.

Solo poche settimane fa, CIWF ha lanciato un nuovo report che mostra come alcune delle maggiori aziende agro-alimentari europee stiano transitando con successo a sistemi senza gabbie, non solo nel caso dei conigli, già implementati da Paesi come l’Austria, il Belgio e i Paesi Bassi. Una chiara dimostrazione della loro fattibilità.

La stragrande maggioranza dei cittadini in Europa – nove su dieci – ritiene che gli animali non dovrebbero essere allevati in gabbie individuali. Al contempo, dal Dialogo strategico sul futuro dell’agricoltura dell’UE è emerso un diffuso consenso nel settore agroalimentare secondo cui le gabbie devono essere eliminate gradualmente e la proposta di revisione della normativa sul benessere animale pubblicata al più tardi entro il 2026.

“Questa video-inchiesta dimostra ancora una volta quanto sosteniamo da sempre,” commentano le associazioni. “E cioè che non può esistere benessere animale in gabbia. Qui non si tratta di ‘mele marce’ del sistema, ma dello standard comune di ‘malessere animale’ che riguarda la quasi totalità degli allevamenti di conigli in Italia e nell’UE.”

“Alternative più rispettose sono possibili e già in uso in tutto il mondo,” concludono. “La Commissione Europea deve fare la sua parte e tenere fede al suo impegno formale a presentare la proposta per vietare l’allevamento in gabbia per tutti gli animali allevati al più presto possibile.”

CIWF ha inviato una sintesi della propria inchiesta ai membri del Parlamento Europeo e funzionari della Commissione Europea, mentre invita la società civile a fare appello all’esecutivo UE affinché la proposta legislativa per mettere fine all’uso delle gabbie nella zootecnia sia una priorità e venga inclusa in modo esplicito nel Programma di lavoro della Commissione.

Per maggiori informazioni sulla campagna, visitare www.endthecageage.eu/it

FINE

Note ai media

Qui potete trovare foto e video dell’inchiesta. Credit: CIWF.

  • *Dati dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, riportati nel report Eu Caged Rabbit Farming Investigation 2024.
  • La Coalizione italiana End the Cage Age è formata da 22 organizzazioni (Amici della Terra, Animal Aid, Animal Equality Italia, ALI – Animal Law Italia, Animalisti Italiani, CIWF Italia, Confconsumatori, ENPA, Essere Animali, Humane Society International/Europe, Il Fatto Alimentare, Jane Goodall Institute Italia, LAC – Lega per l’Abolizione della Caccia, LAV, Legambiente, LEIDAA, LNDC Animal Protection, LUMEN, OIPA, Partito animalista, Terra Nuova, Terra! Onlus).
  •  Le informazioni disponibili sulla portata dell’allevamento di conigli all’interno dell’UE sono limitate, ma in base a un report della Commissione UE del 2017, al 2016 venivano allevati e macellati ogni anno circa 119 milioni di conigli a livello commerciale, più altri 61 milioni in allevamenti familiari. Da allora, l’UE non ha pubblicato dati sul numero di conigli, ma in base ai dati pubblicati attraverso le dashboard del CIRCABC (Communication and Information Resource Center for Administrations, Businesses and Citizens) sul tonnellaggio di carne di coniglio prodotta si evince che al 2022, il numero di conigli è sceso a circa 70-80 milioni all’anno. Ciò è in linea con i dati pubblicati dalla FAO, in base al quale si stima che in Unione Europea nel 2022 siano stati macellati 72.196.700 conigli.
  • Nel 2020, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare ha riportato che uno dei principali effetti della privazione di materiali adatti all’espressione del comportamento di rosicchiamento nei conigli è il reindirizzamento di tale comportamento verso la gabbia o addirittura verso i loro simili. Per quanto riguarda le problematiche legate allo spazio insufficiente, l’EFSA indica che la lunghezza di un salto è di 70 cm, a seconda delle dimensioni del coniglio, e che il Consiglio d’Europa raccomanda che i conigli allevati a scopo sperimentale debbano essere in grado di completare tre salti consecutivi.
  • Circa 300 milioni di animali sono rinchiusi in gabbia nell’Unione Europea ogni anno, incluso il 40% delle galline (quasi 152 milioni), il 94% dei conigli (circa 70 milioni) e il 96% delle scrofe (10 milioni). Gli animali tenuti in gabbia sono rinchiusi in ambienti spogli, in condizioni di sovraffollamento o di totale privazione di contatti sociali, incapaci di girarsi su loro stessi o di esprimere anche i basilari comportamenti naturali.
  • Secondo l’Eurobarometro 2023, il 94% dei cittadini dell’UE ritiene importante che gli animali allevati dispongano di uno spazio sufficiente per muoversi, sdraiarsi e alzarsi, e l’89% ritiene importante che gli animali allevati non siano tenuti in gabbie singole.

Contatti stampa: Elisabetta Scuri, Media & Communications Manager Italy, HSI/Europe. escuri@hsi.org

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