Humane Society International/Europe: “L’UE deve vietare le importazioni e le vendite di pellicce per proteggere gli animali e l’ambiente.”

Humane Society International / Europa


Fur farm
Claire Bass/HSI

ROMA—L’impatto ambientale della produzione di pellicce di visone, volpe e cane procione supera di gran lunga quello di altri materiali utilizzati nella moda, tra cui il cotone e persino il poliestere e l’acrilico, usati per la produzione di pellicce finte. Questo è quanto emerge da un nuovo rapporto realizzato dalla società di consulenza Foodsteps, commissionato da Humane Society International/UK e revisionato dal rinomato esperto di sostenibilità Isaac Emery. Il rapporto dimostra che la narrazione dell’industria della pellicceria, che presenta la pelliccia some “il materiale più ecologico disponibile” è ingannevole e un’operazione di greenwashing nei confronti di consumatori e rivenditori.

Secondo lo studio, la pelliccia ha le più alte emissioni di gas serra per chilogrammo rispetto ad altri materiali, tra cui anidride carbonica, metano e ossido di azoto. L’impronta carbonica di un chilogrammo di pelliccia di visone è 31 volte superiore a quella del cotone e 25 volte a quella del poliestere. Per quanto riguarda il consumo idrico, le tre pellicce animali sono le peggiori tra tutti i materiali studiati: 104 volte più alte dell’acrilico, 91 volte più del poliestere e cinque volte più del cotone. Anche gli accessori in pelliccia, come i bordi sui cappucci delle giacche e i pon-pon su cappelli e scarpe, hanno un prezzo ecologico più alto rispetto alle loro controparti in acrilico. Ad esempio, lo studio stima che un pon-pon in pelliccia di cane procione su un cappello, abbia un’impronta carbonica quasi 20 volte superiore dell’acrilico.

Ogni anno, circa 100 milioni di animali vengono utilizzati per la produzione di pellicce in tutto il mondo. Solo in Europa sono stati allevati e uccisi circa 10 milioni di visoni, volpi e cani procione. Il rapporto di HSI mostra che un divieto di allevamento di animali da pelliccia in tutta Europa farebbe risparmiare quasi 300.000 tonnellate di CO2 equivalenti, pari alle emissioni annuali di anidride carbonica di circa 44.000 cittadini dell’UE. Si risparmierebbero inoltre circa 3.700 tonnellate di inquinamento idrico e 11.800 tonnellate di emissioni atmosferiche. Inoltre, le grandi quantità di escrementi prodotti dagli animali negli allevamenti sono dannose per l’ambiente. La produzione di pelliccia richiede enormi quantità di acqua, sale e l’uso di sostanze chimiche come il cromo e la formaldeide – elencati come cancerogeni tossici – per evitare la decomposizione naturale della pelle e della pelliccia.

La Dottoressa Joanna Swabe, Direttrice delle Relazioni Istituzionali di Humane Society International/Europe, afferma: “Questo nuovo studio accende i riflettori sulle affermazioni dell’industria della pellicceria in merito alla sua compatibilità ambientale, sbugiardandole. Presentare la pelliccia animale come più sostenibile rispetto a quella sintetica è greenwashing e i consumatori non devono farsi ingannare. Considerato il suo impatto ambientale, l’industria della pellicceria è un grande inquinatore, che la cui impronta ecologica è superiore a quella della produzione di materiali come il cotone e l’acrilico. La pelliccia di visone, ad esempio, ha un’impronta carbonica che supera di 7 volte quella della carne bovina e di 34 volte quella avicola. Questa industria minaccia l’ambiente e sottopone gli animali a condizioni di vita e di morte raccapriccianti. L’UE deve rispondere al milione e mezzo di firme di cittadine e cittadine UE, raccolte tramite l’Iniziativa dei Cittadini Europei #FurFreeEurope.”

Si stima che tra il 2% e l’8% delle emissioni di gas serra a livello globale siano riconducibili all’industria della moda, che è inoltre un importante inquinatore di acqua. Limitare l’impronta ambientale della settore moda è quindi fondamentale per rispettare gli impegni internazionali sul cambiamento climatico. HSI/Europe ritiene che questo nuovo rapporto fornisca prove inconfutabili sulla necessità di eliminare l’impronta ambientale sproporzionata del commercio globale di pellicce, anche vietando l’importazione e la vendita di pellicce nell’UE.

Principali risultati del rapporto:

  • L’impronta carbonica di 1 kg di pelliccia di visone (309,91 kg di CO2-eq) è 31 volte superiore a quella del cotone, 26 volte a quella dell’acrilico e 25 volte a quella del poliestere. Anche la pelliccia di cane procione e la pelliccia di volpe hanno un’impronta carbonica elevata, circa 23 volte peggiore di quella del cotone e 18 volte peggiore di quella del poliestere.
  • La pelliccia di visone produce emissioni atmosferiche 271 volte superiori a quelle dell’acrilico, 215 volte superiori a quelle del cotone e 150 volte superiori a quelle del poliestere. La pelliccia di volpe e di cane procione produce emissioni atmosferiche circa 104 volte superiori a quelle dell’acrilico, 83 volte a quelle del cotone e 57 volte a quelle del poliestere.
  • Per ogni chilogrammo di pelliccia prodotto sono necessari quasi 30.000 litri di acqua. Il consumo idrico medio delle tre tipologie di pelliccia (visone, volpe, cane procione) è 104 volte superiore a quello dell’acrilico, 91 volte a quello del poliestere e 5 volte a quello del cotone.
  • La produzione di tutti e tre i tipi di pelliccia ha un impatto devastante sull’inquinamento idrico; la pelliccia di visone produce quasi 400 volte l’inquinamento idrico per chilogrammo del poliestere, e in media tutte e tre le pellicce sono 100 volte più inquinanti del cotone e 75 volte più dell’acrilico.

Humane Society International (HSI) ritiene che, con l’aumento di materiali innovativi di nuova generazione, a base biologica, tra cui la pelliccia sintetica realizzata con materie prime di origine vegetale, i materiali privi di animali diventeranno sempre più ecologici. L’Institute for Faux Fur di Parigi ha lanciato una tabella di marcia, delineando modi innovativi di produrre pellicce sintetiche, chiamata SMARTFUR, basata sui principi dell’economia circolare. Nel settembre 2019, Stella McCartney ha stretto una partnership con DuPont per lanciare KOBA® Fur Free Fur, la prima pelliccia sintetica al mondo completamente riciclabile, realizzata con materie prime di origine vegetale e poliestere riciclato. Successivamente, i fondatori Ashwariya Lahariya e Martin Stübler hanno lanciato BioFluff, il primo prodotto di pelliccia a base vegetale al mondo.

Il rapporto di HSI si basa sui dati pubblicati dal gruppo francese di moda Kering – diventato fur-free – nei propri bilanci “Environmental Profit & Loss”, per incoraggiare un maggiore avvicinamento alla sostenibilità nel settore della moda.

Il rapporto esamina l’impatto dei materiali lungo tutta la catena di approvvigionamento, compresa la produzione di materie prime, la lavorazione, la produzione, l’assemblaggio e tutte le operazioni necessarie fino alla vendita al dettaglio. Sebbene questa analisi del ciclo di vita dell’industria della moda non consideri lo smaltimento a fine vita, HSI/Europe sottolinea che tutti gli indumenti possono finire in discarica, e gli articoli con pelliccia animale non fanno eccezione.

La Dottoressa Swabe aggiunge: “Tutti i materiali hanno in qualche misura un’impronta carbonica ma il nuovo rapporto di HSI dimostra che la produzione di pellicce animali ha un impatto ambientale molto più significativo. Giacche bordate di pelliccia, cappelli con pon-pon e altri articoli di moda usa e getta hanno la stessa probabilità di finire in discarica della pelliccia sintetica. La verità è che l’allevamento intensivo di milioni di animali e la lavorazione delle loro pelli con sostanze chimiche non possono mai essere definiti naturali o sostenibili.”

Approfondimento sull’eliminazione delle pellicce:

  • La maggior parte dei principali stilisti del mondo ha introdotto politiche fur-free, tra cui tutti i sei marchi del gruppo Kering – Saint Laurent, Brioni, Gucci, Alexander McQueen, Balenciaga e Bottega Veneta – oltre a nomi come Valentino, Prada, Armani, Versace, Michael Kors, Jimmy Choo, DKNY, Burberry e Chanel.
  • L’Iniziativa dei Cittadini Europei #FurFreeEurope, sostenuta da ben 1,5 milioni di firme, dimostra l’ampio sostegno dei cittadini dell’Unione Europea che esortano la Commissione Europea a vietare l’allevamento di animali da pelliccia e la vendita di prodotti di pellicceria nel mercato europeo.
  • L’allevamento di animali da pelliccia è già vietato in molti Paesi dell’UE, tra cui Austria, Belgio, Bosnia-Erzegovina, Repubblica Ceca, Croazia, Estonia, Francia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lussemburgo, Macedonia, Malta, Paesi Bassi, Norvegia, Serbia, Slovacchia e Slovenia. Lituania, Polonia e Romania stanno attualmente valutando la possibilità di introdurre simili divieti.
  • Negli Stati Uniti, lo Stato della California ha vietato la vendita di pellicce nel 2019. In totale, 13 città statunitensi hanno vietato la vendita di pellicce, mentre Israele è diventato il primo Paese al mondo a vietare la vendita di pellicce nel 2021.
  • I visoni di oltre 480 allevamenti in 12 Paesi, tra cui Italia, Polonia, Svezia e Danimarca, sono stati trovati infetti da SARS-CoV-2. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto il potenziale di trasmissione e diffusione zoonotica negli allevamenti di animali da pelliccia. Nell’ottobre 2022, un focolaio di influenza aviaria ad alta patogenicità (H5N1) in un allevamento di visoni n Spagna ha indotto autorevoli virologi a definirlo “un campanello di allarme” per porre immediatamente fine a questa pratica.

FINE

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Cliccare QUI per visionare la video-animazione sull’impronta ambientale del commercio di pellicce.

Contatto:

  • Eva-Maria Heinen, Communications & PR Manager Italia/Germania: emheinen@hsi.org; 3338608589
  • Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

“Smettete di ignorare la verità” è il loro appello al presidente della COP26 Alok Sharma

Humane Society International


dhughes9/iStock.com 

ROMA/LONDRA—Alcune delle più grandi celebrità del mondo, tra cui Martin Freeman, Moby, Billie Eilish, Joaquin Phoenix, Alan Cumming, Alicia Silverstone, Leona Lewis, Lily Cole e Stephen Fry, si sono mobilitate per il clima. In una lettera congiunta a Alok Sharma, presidente della 26a Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si terrà a Glasgow questo novembre, hanno chiesto che si smetta di ignorare l’allevamento di animali a fini alimentari quale catastrofico colpevole del cambiamento climatico e che venga invece messo all’ordine del giorno della COP26. La lettera è stata inviata a sostegno della campagna #TheCowInTheRoom, lanciata dal ramo inglese dall’organizzazione per la protezione degli animali Humane Society International.

Ogni anno, a livello globale, più di 88 miliardi di animali terrestri sono allevati e macellati a scopo alimentare. Le stime indicano che l’allevamento intensivo è responsabile per il 14.5%—16.5% delle emissioni di gas serra antropiche a livello globale, alla pari con i livelli di emissioni dell’intero comparto dei trasporti. Nonostante sia uno dei settori che maggiormente contribuisce al cambiamento climatico, la produzione di animali a fini alimentari non è all’ordine del giorno della COP26; non rientra tra le priorità nelle discussioni sulla mitigazione del cambiamento climatico.

Gli studi dimostrano che ridurre il consumo di carne e latticini è una delle azioni di maggiore impatto che ogni individuo può intraprendere per evitare le conseguenze catastrofiche del cambiamento climatico. Con questa lettera, firmata anche dall’attrice di Star Wars Daisy Ridley, dalla cantautrice Alesha Dixon, dal naturalista Chris Packham, dall’imprenditrice e investitrice di Dragons Den Deborah Meaden, dall’attrice Evanna Lynch, dal cantautore e produttore discografico Finneas O’Connell, dal cantante e chitarrista dei Vamps James McVey, dall’attrice Joanna Lumley, dal comico e attore Ricky Gervais e dalla influencer Lucy Watson, viene chiesto alla COP26 di riconoscere formalmente l’impatto climatico dell’allevamento.

Humane Society International e le celebrity che la sostengono sono uniti dall’intento comune di proteggere gli animali e il pianeta attraverso politiche e azioni concrete. Auspicano che il riconoscimento formale alla COP26 incoraggerà i leader mondiali a impegnarsi a favore di strategie per la riduzione del consumo di carne e latticini, per raggiungere l’obiettivo di limitare al di sotto dei 2°C il riscaldamento medio globale dell’Accordo di Parigi.

Nella lettera si legge: “L’allevamento è una delle principali fonti di emissioni di gas serra ed è pertanto impossibile raggiungere gli obiettivi fissati nell’Accordo di Parigi senza apportare modifiche al sistema alimentare globale. Anche se tutte le altre principali fonti di emissioni fossero riformate, non sarebbe sufficiente […]. Affrontare questa urgente tematica alla COP26, incoraggerebbe i governi di tutto il mondo ad agire e fornirebbe ai leader mondiali uno ulteriore strumento ad alto impatto per affrontare il cambiamento climatico. Chiediamo all’UNFCCC di riconoscere formalmente e pubblicamente il ruolo dell’allevamento come uno dei maggiori responsabili del cambiamento climatico e di aprire maggiore spazio al dialogo”.

Il cantautore e attivista per i diritti degli animali Moby, ha dichiarato: “L’allevamento intensivo sta distruggendo il nostro pianeta. Questo settore è il secondo più grande emettitore di CO2 al mondo, eppure rimane ampiamente ignorato dai leader mondiali. La scienza parla chiaro: l’adozione di una dieta maggiormente vegetale è una delle azioni più efficaci che possiamo intraprendere per evitare gli effetti catastrofici del cambiamento climatico. Quindi, se vogliamo proteggere il nostro pianeta, dobbiamo includere l’allevamento nelle discussioni sulle strategie di mitigazione del cambiamento climatico. La COP26 è l’occasione ideale per farlo e una delle ultime possibilità che abbiamo per riformare i sistemi alimentari globali. Vi supplico, per favore: SMETTETE di ignorare la verità”.

Oltre alle significative emissioni di gas serra, questo settore è anche il più grande utilizzatore antropogenico di superficie terrestre. La produzione di carne, uova, latticini e l’acquacoltura occupano infatti circa l’83% dei terreni agricoli del mondo, fornendo solo il 37% delle proteine e il 18% delle calorie. Inoltre, l’allevamento è uno dei principali motori della deforestazione, dell’estinzione di massa, del degrado del suolo, dell’inquinamento e dell’esaurimento delle risorse idriche.

Julie Janovsky, vicepresidente di Humane Society International per i programmi sugli animali allevati, ha detto: “Se vogliamo seriamente evitare la catastrofe climatica, è imperativo che i leader mondiali riconoscano e agiscano per arrestare tutti i principali motori del cambiamento climatico, inclusi gli allevamenti intensivi. Questo modello è insostenibile. Trasformare i sistemi alimentari globali verso diete maggiormente vegetali è una delle azioni più efficaci che possiamo intraprendere. La COP26 offre ai leader mondiali l’opportunità di prendere impegni significativi per affrontare il cambiamento climatico, ripristinare la biodiversità e contribuire a porre fine alla crudeltà causata dagli allevamenti intensivi”.

Alcuni dati:

  • Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, l’allevamento è “uno dei due o tre maggiori contribuenti ai più gravi problemi ambientali su ogni scala, da quella locale a quella globale.” (FAO)
  • Consumando meno prodotti di origine animale e più cibi vegetali, si può contribuire a proteggere le risorse idriche del mondo. Produrre carne, latte e uova richiede enormi quantità d’acqua: per la produzione di mangime, la pulizia dei recinti, gli animali, lo smaltimento dei loro rifiuti, la disinfezione delle attrezzature per la macellazione. Ad esempio, produrre 1 kg di pollo richiede in media 4.325 litri d’acqua, contro i 1.644 litri necessari per produrre 1 kg di cereali. (Hoekstra 2015)
  • Mangiare più pasti a base vegetale ridurrà la quantità di terreni destinati all’uso agricolo. In tutto il mondo, abbiamo bisogno di più terreni per allevare e nutrire gli animali che per qualsiasi altro scopo. Più del 97% della farina di soia e più del 60% dell’orzo e del mais prodotti a livello globale sono usati come mangimi per gli animali allevati. (FAO)
  • Il rapporto del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPPC) ha rivelato che la crisi climatica è destinata a peggiorare se le emissioni di gas serra continuano ad aumentare.
  • Secondo le previsioni entro il 2030, se non verrà intrapresa un’azione concreta, il settore dell’allevamento rappresenterà quasi la metà del bilancio mondiale di emissioni di gas serra consentito dagli obiettivi di limitare al di sotto di 1,5°C il riscaldamento medio globale. (Harwatt 2019)

FINE

Contatto: Martina Pluda: 3714120885; mpluda@hsi.org

“Utilizzare la pelle e la pelliccia di animali selvatici per l'industria della moda è immorale"

Humane Society International


RT-Images/iStock.com 

ROMA–Israele è diventato il primo paese al mondo a vietare la vendita di pellicce per l’industria della moda. Il divieto entrerà in vigore tra sei mesi. Humane Society International, che si batte a livello globale per porre fine alla crudeltà causata dalla produzione di pellicce, spera che il divieto di Israele ispiri altri paesi a fare lo stesso, come ad esempio il Regno Unito che sta attualmente considerando un simile divieto.

Il divieto di Israele prevede alcune eccezioni: si può fare uso di pellicce “per la ricerca scientifica, l’educazione o l’istruzione, e per motivi religiosi o per tradizione”. Questo permetterebbe, ad esempio, la vendita di shtreimel, i cappelli di pelliccia tradizionalmente indossati dagli uomini ortodossi durante lo Shabbat e le feste. Un’esenzione simile esiste nello stato americano della California, dove la vendita di pellicce è stata vietata nel 2019.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International (HSI), ha detto: “La decisione presa da Israele, primo paese al mondo a vietare la vendita di pellicce, segna un momento storico per la protezione degli animali. Anche con l’esenzione per gli abiti tradizionali, senza la quale questo divieto difficilmente sarebbe passato, Israele invia un chiaro messaggio che le pellicce sono immorali, inutili e anacronistiche. Attendo con ansia il giorno in cui anche l’Italia si metterà al passo coi tempi e vieterà non solo il crudele allevamento di animali da pelliccia ma anche la vendita di pellicce, risparmiando la vita a milioni di animali che soffrono in modo indicibile.”

P.J Smith, Head of Fashion policy della Humane Society of the United States (HSUS), ha aggiunto: “Vietando la vendita di pellicce, Israele sta mettendo in chiaro che la crudeltà sugli animali non ha posto nella società di oggi. West Hollywood lo ha fatto nel 2011, aprendo la strada alla California nel 2019 e ora interi paesi stanno approvando leggi simili. Questo è un grande giorno per gli animali.”

La Ministra per l’ambiente Gila Gamliel, che ha introdotto il divieto, ha rilasciato la seguente dichiarazione: “L’industria della pelliccia causa la morte di centinaia di milioni di animali in tutto il mondo e infligge crudeltà e sofferenze indescrivibili. Usare la pelle e la pelliccia degli animali selvatici per l’industria della moda è immorale e certamente innecessario. I cappotti di pelliccia animale non possono coprire la brutalità dell’industria che li produce. La firma di questi regolamenti renderà il mercato della moda israeliano più rispettoso dell’ambiente e molto più gentile verso gli animali.”

Jane Halevy, fondatrice dell’International Anti-Fur Coalition (IAFC) e promotrice di questo divieto per oltre un decennio, ha detto: “La IAFC ha promosso una proposta di legge per vietare la vendita di pellicce in Israele dal 2009. Applaudiamo il governo israeliano per aver finalmente fatto questo passo storico verso l’esclusione delle pellicce dal mondo della moda. Tutti gli animali soffrono orribilmente per mano di questa industria crudele e anacronistica. Niente è più forte di un’idea il cui tempo è ormai giunto. Uccidere gli animali per la produzione di pellicce dovrebbe diventare illegale ovunque, è ora che i governi di tutto il mondo vietino la vendita di pellicce”.

L’allevamento di animali da pelliccia è stato proibito e/o è in fase di dismissione in numerose nazioni europee come Austria, Belgio, Bosnia-Erzegovina, Repubblica Ceca, Croazia, Macedonia, Paesi Bassi, Norvegia, Lussemburgo, Serbia, Slovacchia, Slovenia e Regno Unito. Più recentemente il parlamento estone ha votato a favore di un divieto sull’allevamento di animali da pelliccia e l’Ungheria ha vietato l’allevamento di visoni e volpi, mentre in Francia si sta discutendo un divieto di allevare visoni e l’Iralnda si è impegnata a presentare una legislazione in merito entro quest’anno.

L’opinione pubblica in merito all’uso della pelliccia è cambiata rapidamente negli ultimi anni e sempre più stilisti, tra cui Gucci, Prada, Chanel, Burberry, Versace e Armani, hanno adottato politiche aziendali fur-free.

Negli Stati Uniti, la California è diventata il primo stato americano a vietare la vendita di pellicce nel 2019, dopo divieti simili in città come Los Angeles, San Francisco, Berkeley e West Hollywood. Nel 2020, i legislatori delle Hawaii e del Rhode Island hanno introdotto proposte di divieto alla vendita di pellicce, così come altre città del Minnesota e del Massachusetts.

Foto e video dell’ultima investigazione di HSI in Finlandia (2019):

https://newsroom.humanesociety.org/fetcher/index.php?searchMerlin=1&searchBrightcove=1&submitted=1&mw=d&q=FinlandFurFarm1019

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Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

Dopo averne chiusi due nel corso dell’anno, Humane Society International contribuisce alla chiusura di un terzo allevamento, definito irregolare. Prosegue la campagna di donazioni per sostenere i salvataggi degli animali nel mondo, permettere cure e maggiori tutele

Humane Society International


Nara Kim/HSI

ROMA-Oltre 100 cani in uno scioccante stato di abbandono sono stati salvati da un allevamento illegale di cani a Gimpo, Corea del Sud. Il gruppo animale locale coreano LIFE, con l’assistenza di Humane Society International/Korea e di funzionari regionali, ha trovato barboncini, Jindos, Yorkshire terrier, Chihuahuahua, Shih Tzus, Pomerani, Spitz, Schnauzer e altri ancora, ingabbiati in condizioni deplorevoli in un allevamento pieno di rifiuti dove erano stati allevati e venduti sia per il commercio di animali domestici che di carne di cane.

Molti dei cani soffrivano di grave malnutrizione e di dolorose malattie della pelle dovute al fatto di vivere nelle proprie feci. Molti sono stati trovati rannicchiati accanto ai corpi senza vita dei loro compagni di gabbia morti di fame, mentre altri sembravano aver fatto ricorso al cannibalismo semplicemente per sopravvivere, le loro ciotole lasciate vuote dall’allevatore che diceva di non guadagnare abbastanza per sfamarli. Altri cani morti sono stati trovati conservati in un congelatore in disuso nella proprietà.

Il gruppo coreano LIFE ha negoziato con l’allevatore per chiudere definitivamente la sua struttura. Il terreno sarà riqualificato dalle autorità, ora che l’allevamento illegale di cani è stato chiuso. Humane Society International/Korea, che ha chiuso 17 allevamenti di carne di cane nel paese, ha fornito assistenza a LIFE il giorno del salvataggio e li sta aiutando anche fornendo rifugio e assistenza veterinaria d’emergenza a 40 dei cani. I restanti animali sono curati da LIFE.

Una volta che i cani in HSI/Corea saranno in grado di viaggiare, saranno trasportati in volo verso il Nord America per essere adottati da alcune famiglie. LIFE è grata alla Seoul Veterinary Medical Association, alla Gyeonggi Veterinary MedicalAssociation, alla Petdoc Korea, alla Harim Pet food e al Centro di addestramento ESAC per il loro generoso sostegno a questo salvataggio.

Nel corso del 2020, Humane Society International ha chiuso altri due allevamenti di cani da carne in Corea del Sud: la partecipazione a questa operazione porta a un totale di oltre 350 cani salvati da un destino di sofferenza. Per sostenere le fasi finali di questa operazione e permetterne altre in futuro HSI ha avviato una nuova campagna di donazioni online, disponibile alla pagina: https://donate.hsi-europe.org/page/72866/donate/1?ea.tracking.id=media

“Quando ho visitato per la prima volta l’allevamento di cani – dichiara Nara Kim, responsabile della campagna di HSI/Corea – è stato troppo scioccante per accettare quello che stavo vedendo. Ho salvato migliaia di cani da molti allevamenti di cani da carne in Corea del Sud, ma questo posto era un vero inferno”. Molti dei cani erano solo pelle e ossa, ed era difficile trovare cani dall’aspetto “normale” perché il loro corpo era così devastato dalla fame e dalle malattie della pelle. Avevo tanta paura che le loro fragili ossa potessero rompersi quando li tiravo fuori dalle gabbie, quindi sono stata davvero lenta e gentile. Quasi nessuno di loro aveva comunque l’energia per lottare. Siamo arrivati giusto in tempo per alcuni, non credo che sarebbero potuti sopravvivere un altro giorno. Sono così felice che LIFE ci abbia chiesto di partecipare a questo salvataggio, è stato un tale sollievo portare questi cani fuori da quell’orribile posto”.

“Questo è un esempio davvero scioccante di un problema comune qui in Corea del Sud – dichiara In-Seob Sim, presidente di LIFE – dove i cani vengono allevati nelle peggiori condizioni per massimizzare i profitti. È tempo che la società sudcoreana imponga controlli sull’allevamento di cani da compagnia. Se non troviamo una soluzione, questo tipo di sofferenza animale continuerà. I coreani che sono sconvolti nel vedere la terribile sofferenza di questi cani, devono rendersi conto che è la richiesta della società di cuccioli e di carne di cane che guida questo tipo di crudeltà. Se riusciamo a cambiare il nostro comportamento, possiamo cambiare il destino di questi cani”.

L’agricoltore aveva occupato abusivamente i terreni del governo per più di 10 anni e ha persino chiesto un risarcimento quando il governo della città di Gimpo ha annunciato che il terreno era stato sequestrato per la riqualificazione. Nella speranza di ottenere un maggiore risarcimento, ha allevato più cani, anche se non poteva permettersi di nutrirli. I funzionari della provincia di Gyeonggi stanno ora indagando su di lui con l’obiettivo di accusarlo di crudeltà sugli animali e di altri illeciti.

Humane Society International, che riprende ed amplia l’esperienza di oltre 60 anni maturata da Humane Society of the United States, lavora in tutto il mondo per promuovere il rapporto uomo-animale, salvare e proteggere cani e gatti, migliorare il benessere degli animali da allevamento, salvaguardare la fauna selvatica, promuovere una ricerca senza animali, intervenire in caso di disastri naturali e combattere la crudeltà nei confronti degli animali in tutte le sue forme. Nel corso del 2020 la campagna europea Basta Animali in Lockdown, per prevenire lo sviluppo di future pandemie, ha ottenuto il supporto di migliaia di persone. Oltre 10mila gli animali salvati dal 2017 ad oggi grazie a numerose operazioni sul campo, ad esempio in occasione dei roghi che hanno coinvolto i koala in Australia tra 2019 e 2020 e a seguito della terribile esplosione che ha colpito Beirut lo scorso agosto. Dall’inizio dell’emergenza Covid HSI ha sostenuto diverse realtà impegnate sul territorio italiano, aiutando oltre 2500 cani e gatti randagi e nei rifugi, oltre a numerosi animali da fattoria e più di 50 famiglie con animali domestici in difficoltà a causa della pandemia. www.hsi.org

Ufficio Stampa PS Comunicazione: Sara Chiarello, Francesca Puliti: 392 9475467; info@pscomunicazione.it

HSI chiede la chiusura permanente degli allevamenti "fabbriche di virus"

Humane Society International


Mark Hicken/Alamy

ROMA—Kopenhagen Fur, la più grande casa d’aste di pellicce al mondo, chiuderà i battenti entro i prossimi due o tre anni, in quello che potrebbe segnare l’inizio della fine del commercio mondiale di pellicce. Gran parte delle pellicce a livello mondiale vengono commerciate da una manciata di case d’asta. Fondata nel 1930, Kopenhagen Fur funge da intermediario per le pelli animali prodotte in Danimarca e in tutto il mondo, tra le quali anche quelle di volpe, cincillà e karakul. Poche ore prima, il Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC) ha pubblicato il suo nuovo rapporto Rapid Risk Assessment: Detection of new SARS-CoV-2 variants related to mink, evidenziando le potenziali implicazioni che l’evoluzione del virus nel visone comporta per la diagnosi, il trattamento e lo sviluppo di vaccini al Covid-19, nonché per l’efficacia di futuri vaccini.

Joanna Swabe, Direttrice delle Relazioni Istituzionali per Humane Society International/ Europe, ha dichiarato: “Il rapporto dell’ECDC e l’annuncio di Kopenhagen Fur segnalano l’inizio della fine del commercio mondiale di pellicce. Gli allevamenti di animali da pelliccia non sono solo la causa di immense e inutili sofferenze per gli animali, ma sono anche fabbriche di virus in grado di produrre mutazioni di COVID-19 e persino di minare il progresso medico. Il rapporto dell’ECDC dovrebbe essere un campanello d’allarme per i Paesi che ancora allevano i visoni e non li stanno testando sistematicamente; devono agire urgentemente.

Di fronte ad una situazione di avversione pubblica per le pellicce, quali prodotti non etici e anacronistici, i Paesi che permettono l’allevamento di animali da pelliccia non possono più giustificare un’industria che minaccia la salute pubblica e costa miliardi in fondi pubblici necessari per la gestione della biosicurezza e per risarcire gli allevatori a seguito degli abbattimenti dei loro animali. Non possiamo semplicemente aspettare che emerga la prossima pandemia. I Governi devono porre fine al crudele e pericoloso commercio di pellicce e sostenere gli allevatori nella transizione ad attività più umane, sicure ed economicamente sostenibili. Non ci sarebbe mai stato un lieto fine per i 60 milioni di visoni sfruttati ogni anno per la loro pelliccia; smettere di allevarli è il modo migliore per evitare loro future sofferenze.”

La casa d’aste Kopenhagen Fur è una società cooperativa di proprietà di 1.500 allevatori danesi. La scomparsa di questo broker di rilevanza mondiale avrà presumibilmente un impatto anche sui produttori di altri paesi europei e non solo. Nel 2018-2019 Kopenhagen Fur ha fatto da tramite per la vendita di 24,8 milioni di pellicce di visone.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International, ha dichiarato: “Stiamo assistendo a un calo significativo dei prezzi delle pellicce e ad un aumento dell’invenduto. Ci aspettiamo un’ulteriore decrescita della domanda di pellicce a causa dei focolai di Covid-19 negli allevamenti in tutto il mondo che stanno allarmando molti Governi e mettendo in ginocchio il settore.

Dopo il primo caso accertato anche in Italia è ora che il Governo italiano si assuma la sua parte di responsabilità, nell’interesse degli animali e della salute pubblica. l’Italia può e deve essere parte della soluzione del problema. Permettendo l’allevamento di visoni, stiamo contribuendo all’immensa sofferenza di decine di migliaia di animali ogni anno e offrendo l’ambiente ideale per lo sviluppo e la diffusone di agenti patogeni virali. Siamo il fanalino di coda in Europa, mentre molti paesi come l’Austria, la Slovenia, il Regno Unito hanno vietato gli allevamenti di animali da pelliccia e molti altri, ad esempio la Germania, li stanno eliminando gradualmente.”

Il rapporto dell’ECDC fa riferimento alla necessità di analizzare la nuova variante “cluster 5”, creata dai visoni negli allevamenti, e valutare se possa alterare il rischio di reinfezione o impattare l’efficacia del vaccino o della terapia al plasma. Sottolinea inoltre che “la trasmissione continua di SARS-CoV-2 negli allevamenti di visoni può eventualmente risultare in altre varianti preoccupanti”.

Risultati chiave del rapporto dell’ECDC:

  • Il livello di rischio per la salute umana rappresentato dalle varianti di SARS-CoV-2 correlate al visone è basso per la popolazione generale, ma da moderato ad alto per gli individui vulnerabili che vivono in aree con un’alta concentrazione di allevamenti di animali da pelliccia. Il rischio è moderato per coloro che lavorano con il visone e molto alto per gli individui con esposizione legata alla professione esercitata, come gli allevatori di pellicce.
  • Le autorità nazionali competenti devono adottare una serie di misure per ridurre il rischio sanitario per coloro che lavorano con i visoni e le comunità in cui sono situati gli allevamenti, compresi test sistematici, rilevamento immediato del contatto, isolamento e quarantena se i casi umani sono legati a un allevamento di visoni; misure di prevenzione e controllo delle infezioni per lavoratori e visitatori degli allevamenti; monitoraggio e sorveglianza degli allevamenti di visoni.

Foto e video dell’industria finlandese (creare account per il download)

FINE

Contatto: Martina Pluda: Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

"Sono scene infernali", dichiara Humane Society International Italia

Humane Society International


ROMA—I video inquietanti rilasciati da Humane Society International Italia mostrano la scioccante realtà di migliaia di volpi e cani procione che vivono in condizioni miserabili e soffrono morti atroci negli allevamenti di animali da pelliccia in Asia. Le volpi sono state, infatti, filmate mentre venivano ripetutamente colpite alla testa, provocando loro gravi lesioni ma non causandone la morte istantanea. In altre scene si vedono invece animali feriti con un coltello o addirittura scuoiati vivi. “Sono scene infernali” è come le descrive Martina Pluda, Direttrice di Humane Society International Italia.

Per scaricare le foto ed i filmati.

Gli investigatori di Humane Society International hanno filmato questi fatti in undici allevamenti, selezionati casualmente, in uno paese asiatico, tra i maggiori produttori ed esportatori di pellicce in tutto il mondo. L’organizzazione ha scelto di non rivelare il paese al fine di proteggere l’identità degli investigatori, ma non esclude che le pellicce di questi animali possano arrivare fino in Italia che importa da paesi asiatici quali la Cina, la Turchia, le Filippine, Hong Kong, la Corea del Sud, il Giappone, l’India e il Vietnam. Nel 2017 il valore importato è stato di 89,6 milioni di dollari, il 34% del quale (30,6 milioni di dollari) dalla sola Cina.

Sebbene molti brand della moda italiana, ma anche internazionale, abbiano deciso di rimuovere le pellicce dalle proprie collezioni, in Italia è ancora permesso l’allevamento degli animali da pelliccia, nonché l’importazione e la vendita di questi prodotti.

Martina Pluda, Direttrice di Humane Society International Italia, ha dichiarato: Gli italiani rimarranno scioccati dalla triste e crudele realtà che le abili strategie di marketing dell’industria riescono a nascondere. Questi animali sono condannati a una vita alienante in minuscole gabbie e ad una morte terrificante, colpiti alla testa con una barra di metallo e spesso scuoiati vivi. Chiunque pensi che la pelliccia sia un oggetto di lusso deve guardare i nostri filmati per rendersi conto che non è così

Ogni designer che presenta le pellicce in passerella, ogni rivenditore che le mette sugli scaffali dei propri negozi e ogni consumatore che le indossa, finanzia questa vergogna che non è né glamour né trendy. È una crudeltà e i consumatori, in Italia e nel mondo, possono aiutarci rifiutando di comprare e indossare capi e accessori di pelliccia

lItalia può essere parte della risoluzione del problema. Finché permetteremo l’allevamento di visoni, rimarremo il fanalino di coda in Europa. Già molti paesi come l’Austria, la Slovenia, il Regno Unito hanno vietato gli allevamenti di animali da pelliccia e molti altri, ad esempio la Germania, li stanno eliminando gradualmente. L’Italia deve intraprendere questo primo passo importante, seguito da un divieto d’importazione e vendita.”

Le criticità documentate da Humane Society International sono molteplici:

  • Specie selvatiche (volpi e cani procione) tenute in condizioni miserabili, simili a quelle degli allevamenti intensivi;
  • Gabbie talmente piccole da non permettere agli animali di muoversi che di pochi centimetri;
  • Gabbie in filo metallico sprovviste di lettiera e materiali di arricchimento;
  • Ammassi di feci;
  • Ciotole sporche e prive di acqua;
  • Mancanza di veterinari in loco;
  • Stereotipie comportamentali, tipiche delle situazioni gravi di stress;
  • Volpi ripetutamente colpite alla testa con una barra di metallo, provocando loro gravi lesioni ma non causandone la morte istantanea;
  • Animali percossi, uccisi e scuoiati di fronte agli altri;
  • Volpiferite con un coltello e scuoiatevive.

Humane Society International lavora in tutto il mondo per fermare questa industria e sensibilizzare le persone, con il sostegno di molti personaggi di fama internazionale tra i quali Jane Goodall, Brian May e Leona Lewis che ha dichiarato: “Amo tutti gli animali e credo che debbano essere trattati con gentilezza e rispetto. Quindi da amante degli animali non indosserei mai una pelliccia.” Anche Judi Dench ha riaffermato: “L’allevamento di animali da pelliccia è crudele e innecessario.”

Alcuni dati sull’industria della pellicceria:

  • Ogni anno vengono uccisi a livello globale più di 100 milioni di animali (visoni, volpi, cani procione, cincillà e conigli) per la loro pelliccia; questo equivale a tre animali al secondo.
  • Oltre il 95% delle pellicce vendute a livello mondiale proviene da animali allevati. Negli allevamenti gli animali trascorrono tutta la vita in minuscole gabbie in filo metallico. La dimensione standard delle gabbie per le volpi è di appena un metro quadrato. Sarebbe come far vivere una persona nello spazio di un ascensore.
  • In Italia sono presenti ancora oltre 10 allevamenti in Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Abruzzo dove vengono allevati 000 visoni (dati di Essere Animali).
  • Volpi e cani procione possono infettarsi con virus correlati alla SARS-CoV, fungendopotenzialmente da ospiti intermedi per la trasmissione del virus all’uomo. Casi positivi sono stati trovati nei mercati di fauna selvatica in Cina. HSI sta facendo pressione sui governi affinché vengano vietati il consumo ed il commercio di animali selvatici, al fine di ridurre il rischio di un’altra pandemia. L’attuale proposta del Governo cinese di vietare il commercio e il consumo di specie selvatiche non si applica agli animali da pelliccia, considerati “bestiame” e questo è inaccettabile.
  • Rispetto ad altri tessuti, l’impatto ambientale della pelliccia è molto elevato. Si parla di elevate emissioni di CO2legate all’allevamento intensivo; di inquinamento dell’acquacausatodal deflusso di letame in laghi e fiumi; di tossicità dovuta all’uso sostanze chimiche pericolose e cancerogene come il cromo e la formaldeide.
  • I seguenti paesi hanno già vietato l’allevamento di animali da pelliccia: Regno Unito (2000), Austria (2004), Slovenia (2013), Macedonia (2014), Croazia (2017), Lussemburgo (2018), Repubblica Ceca (2019), Serbia (2019), Belgio (2023), Olanda (2024), Norvegia (2025), Bosnia ed Erzegovina (2028).
  • Un numero sempre crescente di stilisti e rivenditori stanno cambiando le loro politiche aziendali. Solo negli ultimi anni brand qualiPrada, Gucci, Armani, Versace, Michael Kors, Jimmy Choo, DKNY, Burberry e Chanel e piattaforme di vendita al dettaglio come Net-A-Porter e Farfetch hanno abbandonato le pellicce.
  • Nel 2019, la California è diventata il primo stato americano a vietare la vendita di pellicce, a seguito delle misure adottate dalle città di Los Angeles, San Francisco, Berkeley e West Hollywood. Nel 2020, le Hawaii e lo Stato del Rhode Island hanno introdotto divieti alla vendita, così come le città di Minneapolis, Minnesota eWellesley, Massachusetts.

FINE

Contatto: Martina Pluda: Direttrice HSI/Italia – mpluda@hsi.org

Humane Society International e i suoi partner costituiscono una delle più grandi organizzazioni al mondo per la protezione degli animali. Da più di 25 anni, HSI lavora per la protezione di tutti gli animali attraverso la realizzazione di studi scientifici, campagne di sensibilizzazione, programmi di educazione, e progetti sul campo. Valorizziamo gli animali e combattiamo la crudeltà su di essi in tutto il mondo – www.hsi.org.

L'allevamento di animali da pelliccia rappresenta un potenziale rischio per la salute umana ed è ora che il mondo della moda se ne liberi

Humane Society International


Jo-Anne McArthur/We Animals

ROMA (4 giugno 2020)—Da domani migliaia di visoni verranno abbattuti in nove allevamenti olandesi. Così ha ordinato il Governo olandese, seguendo i consigli di un team di veterinari e virologhi secondo i quali gli allevamenti di visoni potrebbero fungere da serbatoio per il SARS-CoV-2, permettendogli di rimanere in circolazione per molto tempo.

I parlamentari olandesi sono stati informati della decisione in una lettera inviata ieri sera dal Ministro dell’Agricoltura e dal Ministro della Sanità. L’inchiesta svolta dal team di esperti è partita a seguito della dichiarazione, fatta il 25 maggio, del Ministro dell’Agricoltura Carola Schouten, secondo la quale era “estremamente probabile” che due lavoratori olandesi, impiegati nell’allevamento di animali da pelliccia, avessero contratto il COVID-19 da visoni infetti da SARS-CoV-2.

Alla luce di questi fatti, l’organizzazione animalista Humane Society International chiede la chiusura su scala globale degli allevamenti di visone a causa della loro pericolosità, legata al COVID-19 e ad altre malattie infettive di origine zoonotica. Secondo le stime si tratta di 60 milioni di visoni allevati in 24 paesi, primi tra i quali nel 2018 la Cina (20,6 milioni di visoni), la Danimarca (17,6 milioni di visoni) e la Polonia (5 milioni di visoni).

Da Amsterdam, Joanna Swabe, Direttrice delle Relazioni Istituzionali per Humane Society International Europe, ha dichiarato: “Il confinamento degli animali da pelliccia ha sempre rappresentato un potenziale rischio per lo sviluppo e la diffusione di malattie infettive. La conferma che i visoni degli allevamenti olandesi hanno contagiato alcuni lavoratori con il COVID-19, da ulteriore prova che questo settore va fermato. In questi allevamenti vivono migliaia di visoni, in gabbie sporche e affollate e in condizioni stressanti, non molto diverse da quelle dei mercati di fauna selvatica, attualmente al centro delle preoccupazioni globali. Il fatto che oltre ad essere estremamente crudele, l’allevamento di animali da pelliccia possa fungere da incubatrice per i coronavirus, dovrebbe essere ragione sufficiente per porre fine a questa industria e reindirizzare il mondo della moda verso il “fur-free”. Per i Paesi Bassi, i tre anni che mancano al 2024, comportano dei rischi inutili. Il Governo olandese e quelli di tutti i paesi produttori di pellicce come Danimarca, Polonia, Francia, Italia, Cina, Finlandia, Spagna e Stati Uniti, devono impegnarsi per difendere gli animali da questa pratica brutale e proteggere la salute pubblica.”

Secondo la lettera dei ministri è previsto un aumento dei casi nelle prossime settimane e, mentre le trasmissioni da uomo a uomo diminuiranno, le infezioni da visone a uomo potrebbero incrementare l’incidenza di SARS-CoV-2 nell’uomo. Nei Paesi Bassi tutti gli allevamenti di animali da pelliccia sono ora sottoposti a controlli obbligatori. Le misure vigenti prevedono restrizioni sia per i visitatori sia per il trasporto dei visoni. Le zone attorno agli allevamenti infettati sono state delimitate ed ai residenti è stato consigliato di mantenere una distanza di almeno 400 metri. I test iniziali hanno confermato la presenza di particelle di virus nella polvere trovata nelle strutture, che gli impiegati potrebbero aver inalato.

Alle strutture attualmente non infettate è richiesto di continuare a seguire le misure in vigore e di consegnare settimanalmente le carcasse degli animali presumibilmente deceduti di cause naturali. I test obbligatori su tutti gli allevamenti sono in corso ed i risultati sono attesi per la prossima settimana.

Nei Paesi Bassi l’allevamento di visoni è stato vietato nel 2013 con un periodo di transizione fino al 2024. Nel 2018 sono stati 4,5 milioni i visoni allevati nel paese. Humane Society International sostiene le richieste delle organizzazioni animaliste olandesi per la chiusura immediata dei circa 128 allevamenti rimanenti, alla luce del rischio legato al COVID-19. La lettera dei ministri afferma che il Governo olandese sta valutando se e come sostenere le strutture tuttora attivi che vogliono velocizzare la chiusura delle proprie attività.

Martina Pluda, Direttrice di Humane Society International Italia, ha accolto la notizia esortando l’Italia a chiudere gli allevamenti presenti sul territorio nazionale: “l’Italia deve cessare di far parte del problema. Permettendo l’allevamento di visoni, stiamo contribuendo all’immensa sofferenza di 100.000 animali ogni anno e potenzialmente offrendo l’ambiente ideale per lo sviluppo di futuri agenti patogeni virali come sta succedendo in Olanda. Non possiamo solamente puntare il dito contro i gli allevamenti di animali da pelliccia esteri; dobbiamo assumerci la nostra parte di responsabilità e smettere di essere il fanalino di coda in Europa. Già molti paesi come l’Austria, la Slovenia, il Regno Unito hanno vietato gli allevamenti di animali da pelliccia e molti altri, ad esempio la Germania, li stanno eliminando gradualmente. L’Italia deve intraprendere questo primo passo importante, seguito da un divieto d’importazione e vendita.”

Cronologia degli eventi:

Anche volpi e cani procione possono infettarsi con virus correlati alla SARS-CoV, fungendo potenzialmente da ospiti intermedi per la trasmissione del virus all’uomo. Casi positivi sono stati trovati nei mercati di fauna selvatica in Cina.

I seguenti paesi hanno già vietato l’allevamento di animali da pelliccia: Regno Unito (2000), Austria (2004), Slovenia (2013), Macedonia (2014), Croazia (2017), Lussemburgo (2018), Repubblica Ceca (2019), Serbia (2019), Belgio (2023), Olanda (2024), Norvegia (2025), Bosnia ed Erzegovina (2028). Anche la Bulgaria, la Lituania, il Montenegro e l’Ucraina stanno attualmente valutando la possibilità di introdurre un divieto all’allevamento, un’attività che tuttavia continua in altri paesi come la Danimarca, la Finlandia e la Polonia. A livello globale, si stima che 100 milioni di animali vengono uccisi ogni anno per la loro pelliccia. In Italia sono presenti ancora oltre 10 allevamenti in Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Abruzzo dove vengono allevati 100.000 visoni (dati di Essere Animali).

Nel 2019, la California è diventata il primo stato americano a vietare la vendita di pellicce, a seguito delle misure adottate dalle città di Los Angeles, San Francisco, Berkeley e West Hollywood. Nel 2020, le Hawaii e lo Stato del Rhode Island hanno introdotto divieti alla vendita, così come le città di Minneapolis, Minnesota e Wellesley, Massachusetts.

Filmati degli allevamenti di visoni olandesi (per gentile concessione delle organizzazioni olandesi Bont voor Dieren e Animal Rights): https://vimeo.com/194246126

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Contatto: Martina Pluda, Direttrice HSI/Italia, mpluda@hsi.org

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