La produzione cinese di pellicce è diminuita di quasi il 90% nell’ultimo decennio, ma milioni di animali continuano a soffrire confinati negli allevamenti nonostante i rischi che pongono alla salute pubblica

Humane Society International / Europa


Investigation

PECHINO/ROMA—I filmati allarmanti provenienti dagli allevamenti di animali da pelliccia nel nord della Cina mostrano volpi, cani procione e visoni esibire comportamenti ripetitivi e stereotipati associati ad un deterioramento mentale e animali tenuti in condizioni intensive, anche in prossimità di pollame, nonostante il potenziale per la diffusione di malattie zoonotiche. L’organizzazione per la protezione degli animali Humane Society International ha pubblicato i filmati e rinnovato il suo appello per una fine globale al commercio delle pellicce.

Gli investigatori hanno visitato cinque allevamenti di animali da pelliccia nel dicembre 2023 nelle regioni settentrionali di Hebei e Liaoning, rilevando un ampio uso di antibiotici e la commercializzazione di carcasse di cani procione destinate al consumo umano.

Le statistiche ufficiali dell’Associazione cinese dell’Industria della Pelliccia e della Pelle, indicano una diminuzione del 50% nella produzione di pellicce nel Paese, tra il 2022 e il 2023 e un calo di quasi il 90% nel periodo dal 2014 al 2023. Dati in linea con la diminuzione globale della produzione di pellicce. Gli investigatori hanno notato la chiusura di un significativo numero di allevamenti di piccole e medie dimensioni precedentemente attivi nella zona, dovuta alle scarse vendite. Nonostante rimanga il principale paese produttore di pellicce al mondo, la Cina non può ignorare il cambiamento globale che ha investito consumatori e designer, sempre meno inclini ad utilizzare le pellicce, sia per motivi di benessere animale, sia per motivi ambientali.

L’investigatore cinese Xiao Chen ha dichiarato: “Gli allevamenti di animali da pelliccia che abbiamo visitato rappresentano la tipica realtà di questo tipo di allevamenti in tutta la Cina. Qui gli animali sono tristemente confinati in gabbie strette e spoglie e molti di loro manifestano stereotipie comportamentali a causa di problemi psicologici. Questi animali, naturalmente curiosi ed energici, sono ridotti ad una triste esistenza in gabbie metalliche, senza alcuna possibilità di movimento o stimolo. Non riesco a immaginare quanto siano frustrati e annoiati. Questo per produrre qualcosa di così inutile come la pelliccia. Mi vergogno di essere un essere umano quando visito questi allevamenti di animali da pelliccia; vedo la crudeltà e l’indifferenza di cui siamo capaci”.

Ognuno degli allevamenti di animali da pelliccia visitati teneva tra i 2.000 e i 4.000 animali in piccole gabbie in batteria, così vicine tra loro che in alcuni casi i visoni o i cani procione potevano toccare gli animali nelle gabbie vicine attraverso i divisori di filo metallico, aumentando il rischio di trasmissione di malattie. Nonostante le centinaia di casi di COVID-19 e di influenza aviaria confermati negli allevamenti di animali da pelliccia a livello globale dal 2020, i proprietari degli allevamenti hanno confermato agli investigatori di non sterilizzare abitualmente le strutture per motivi economici. Sebbene nessun allevatore abbia richiesto agli investigatori di rispettare i protocolli sanitari per prevenire la trasmissione di malattie prima di accedere alle strutture, gli investigatori hanno preso le loro precauzioni.

Nelle aree dedicate alla preparazione del cibo, in diversi allevamenti, sono state rinvenute ingenti quantità di pesce, carne e fegato di pollo congelati, uova e latte in polvere macinati fino a ottenere una pasta e somministrati agli animali. L’alimentazione di carne di pollo cruda agli animali in questi allevamenti non solo contribuisce all’impronta di carbonio dell’allevamento di animali da pelliccia, ma rappresenta anche, secondo esperti dell’Unione Europea, un rischio per la biosicurezza.

Il Professor Alastair Macmillan, veterinario specializzato in microbiologia, che ha visionato le registrazioni, ha dichiarato: “In qualità di esperto in microbiologia veterinaria, sono profondamente preoccupato per l’apparente mancanza di biosicurezza e per il potenziale di trasmissione dell’influenza aviaria dovuto alla libera movimentazione di polli e anatre tra le gabbie di cani procione. Questo rappresenta una via di trasmissione diretta tramite contatto o contaminazione fecale. Negli allevamenti europei di animali da pelliccia sono già stati documentati casi di influenza aviaria, e una così stretta vicinanza tra le specie aumenta notevolmente il rischio di trasmissione dall’avifauna ai mammiferi. L’elevata densità di cani procione potrebbe altresì agevolare l’adattamento del virus agli ospiti mammiferi e la selezione di ceppi virali capaci di trasmettersi tra mammiferi. Anche la vendita di carcasse di cani procione e di carne cotta destinata al consumo umano solleva preoccupazioni riguardo alla possibile trasmissione di malattie zoonotiche.”

L’indagine ha rivelato che il metodo di uccisione più diffuso negli allevamenti di animali da pelliccia è quello dell’elettroshock, sebbene alcuni allevatori uccidano i visoni sbattendoli contro una barra metallica o con un bastone. Nella regione sono presenti diversi mercati dove le carcasse degli animali provenienti dagli allevamenti di animali da pelliccia vengono vendute a circa 2-3 yuan/kg. Un ristorante locale visitato dagli investigatori offriva ai clienti locali carne di cane procione bollita, fritta e marinata per circa 20 yuan, confermando inoltre di cucinare 42 cani procione al giorno.

Il dottor Peter Li, esperto di politica cinese di Humane Society International ha dichiarato: “Sebbene questa indagine abbia avuto luogo in Cina, la sofferenza degli animali insita nel commercio di pellicce è osservabile anche negli allevamenti in Europa e Nord America. Animali con disturbi psichici, ammassi di sterco animale, gabbie spoglie e un preoccupante rischio di malattie zoonotiche sono in netto contrasto con l’immagine glamour che l’industria della pellicceria cerca di promuovere. Una triste realtà. La Cina esporta pellicce in paesi come il Regno Unito, gli Stati Uniti e l’intera Europa, rendendo tali nazioni complici di questa crudeltà. In risposta al rifiuto per le pellicce da parte di molti designer e consumatori, la produzione di pellicce in Cina è drasticamente diminuita negli ultimi anni. Ma la fine di questa industria crudele, dannosa per l’ambiente e pericolosa per la salute, non arriverà mai abbastanza presto”.

Foto e video dell’indagine (creare account per il download)

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Contatto: Eva-Maria Heinen, Communications & PR Manager Italia/Germania: emheinen@hsi.org; 3338608589

Note

Nel 2023 la Cina ha prodotto 10 milioni di pellicce di volpe, visone e cane procione, con una diminuzione di oltre il 50% rispetto ai 22 milioni di pellicce prodotte nel 2022 e un calo dell’88% rispetto a un decennio fa. Nel 2014, la Cina ha prodotto 87 milioni di pellicce: 60 milioni di pellicce di visone, 14 milioni di pellicce di cane procione e 13 milioni di pellicce di volpe.

Uno studio condotto dagli esperti nella valutazione delle impronte carboniche di Foodsteps, commissionato da Humane Society International e rivisto dal famoso esperto di sostenibilità Dr Isaac Emery, ha rilevato che l’impatto ambientale della produzione di pellicce di visone, volpe e cane procione supera in modo significativo quello di altri materiali utilizzati nella moda, tra cui il cotone e persino il poliestere e l’acrilico usati per realizzare pellicce finte. Una componente significativa dell’impronta di carbonio della pelliccia è la grande quantità di prodotti animali usati per alimentare gli animali carnivori negli allevamenti.

“È un momento storico che non pensavo avrei testimoniato nel corso della mia vita” afferma JungAh Chae, direttrice di Humane Society International/Corea

Humane Society International / Europa


Jean Chung

SEUL—Oggi, con un voto dell’Assemblea Nazionale della Corea del Sud, è stato messo al bando il business della carne di cane. Un evento definito “storico” dagli attivisti di Humane Society International/Corea. Nel Paese, fino a un milione di cani vengono allevati e uccisi ogni anno per il consumo umano. Il divieto, che entrerà in vigore tra sei mesi con un periodo di transizione di tre anni, renderà illegali l’allevamento, l’uccisione e la vendita di cani e carne di cane per il consumo umano a partire dal 2027, con sanzioni fino a tre anni di reclusione o una multa fino a 30 milioni di won sudcoreani (KRW).*

Questa notizia giunge in un contesto di forte sostegno pubblico e politico. Attualmente si registrano oltre sei milioni di cani domestici nelle case coreane e la domanda di carne di cane è ai minimi storici. Un sondaggio d’opinione realizzato da Nielsen Korea del 2023 ha rivelato che l’86% dei sudcoreani non intende mangiare carne di cane in futuro e il 57% è a favore di un divieto.

JungAh Chae, Direttrice di Humane Society International/Corea, che ha strenuamente promosso l’introduzione di un divieto, ha accolto favorevolmente la notizia dichiarando: “Si sta scrivendo una pagina di storia. Non avrei mai pensato di testimoniare nel corso della mia vita l’introduzione di un divieto all’atroce industria della carne di cane in Corea del Sud. Questa vittoria storica per gli animali è la testimonianza della passione e della determinazione del movimento animalista. Abbiamo raggiunto un punto di svolta: la maggior parte dei cittadini coreani si rifiuta di mangiare cani e vuole vedere questa sofferenza relegata nel passato. Oggi i nostri legislatori hanno agito con decisione per rendere tutto ciò realtà. Anche se il mio cuore si spezza per i milioni di cani per i quali questo cambio di passo è giunto troppo tardi, sono felicissima che la Corea del Sud possa finalmente chiudere questo capitolo miserabile della propria storia e abbracciare un futuro amico dei cani.”

Le misure adottate prevedono anche la possibilità per allevatori di cani, operatori di macelli e proprietari di ristoranti di presentare domanda di risarcimento e, qualora accolta, di ricevere supporto governativo per la transizione o la chiusura di queste attività, similarmente al programma “Models for Change” di HSI/Corea. Dal 2015, Humane Society International ha infatti aiutato 18 allevatori di cani, in tutta la Corea del Sud, a passare a fonti di reddito alternative come la coltivazione di ortaggi (peperoncini e prezzemolo) o la fornitura di acqua.

HSI/Corea esorta il Governo a utilizzare il periodo di transizione di tre anni per collaborare con organizzazioni per la protezione degli animali, compresa HSI/Corea, per salvare il maggior numero possibile di cani, in uno sforzo coordinato, promosso dallo Stato.

Kitty Block e Jeff Flocken, rispettivamente Amministratrice Delegata e Presidente di Humane Society International, affermano congiuntamente: “Questa è davvero una giornata storica per la nostra campagna e gli sforzi per porre fine agli orrori dell’industria della carne di cane in Corea del Sud – una che speravamo di vedere da molto tempo. Avendo visitato numerosi allevamenti di cani da carne, conosciamo bene le sofferenze e le privazioni che questi poveri animali devono subire per un business che è finalmente costretto a chiudere la serranda. Questo divieto segna la fine dell’allevamento e della vendita di carne di cane in Corea del Sud e siamo pronti a contribuire con la nostra esperienza fino a quando ogni gabbia sarà vuota.”

La Corea del Sud si unisce a una crescente lista di paesi e territori dell’Asia che hanno vietato (con diversa applicazione) il commercio di carne di cane, tra cui Hong Kong, Taiwan, le Filippine, l’India, la Thailandia e Singapore, oltre alle città di Shenzhen e Zhuhai nella Cina continentale, la provincia di Siem Reap in Cambogia e 45 città, reggenze e province dell’Indonesia.

Foto e video del programma di chiusura degli allevamenti di cani da carne di HSI/Corea in azione (creare account per il download).

*La normativa prevede una pena fino a 2 anni di reclusione o una multa fino a 20 milioni di KRW per l’allevamento e la vendita di cani a scopo alimentare e fino a 3 anni di reclusione o una multa fino a 30 milioni di KRW per l’uccisione di cani per il consumo umano.

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Contatto: Martina Pluda, direttrice per l’Italia, mpluda@hsi.org; 3714120885SE

Il proprietario ha deciso di abbandonare l’attività per dedicarsi alla gestione di un negozio di alimentari; gli animali superstiti sono stati portati in un rifugio per essere curati e in seguito adottati localmente

Humane Society International / Europa


Chau Doan/AP Images for HSI

THAI NGUYEN, Vietnam—Venti gatti e gattini, alcuni non ancora svezzati, che stavano per essere affogati in un macello di Thai Nguyen, in Vietnam, hanno avuto una seconda possibilità di vita dopo che il proprietario ha chiesto aiuto alla squadra locale di Humane Society International per chiudere definitivamente la sua attività. Il trentasettenne Pham Quoc Doanh ha gestito il suo ristorante e macello di carne di gatto per cinque anni, annegando fino a 300 gatti al mese da servire ai clienti come piatto chiamato “thịt mèo” (carne di gatto) e “tiểu hổ” o “piccola tigre”. Il rammarico per l’uccisione degli animali, e in particolare la consapevolezza che molti erano animali domestici rubati, lo ha portato a decidere di uscire definitivamente dal commercio.

La chiusura dell’attività del signor Doanh e il salvataggio dei gatti fanno parte del programma “Models for Change” di Humane Society International (HSI), lanciato l’anno scorso in Vietnam dopo aver operato con successo in Corea del Sud dal 2015. Il programma ha finora chiuso due macelli/ristoranti per cani e un macello/ristorante per gatti a Thai Nguyen.

Il signor Doanh ha dichiarato: “Da un po’ di tempo sento il sincero desiderio di abbandonare il crudele business della carne di gatto e passare a qualcos’altro il prima possibile. Se penso a tutte le migliaia di gatti che ho macellato e servito qui nel corso degli anni, è sconvolgente. Il furto di gatti è così comune in Vietnam che so che molti dei gatti venduti qui erano gli amati compagni familiari di qualcuno, e mi dispiace molto per questo. Mi rende felice sapere che, grazie a HSI, mia moglie ed io possiamo lasciarci alle spalle il commercio di carne di gatto e ricominciare da capo, continuando a servire la comunità locale senza più far parte di questo commercio brutale e alimentato dalla criminalità. Voglio che il commercio di carne di cane e di gatto sia vietato in Vietnam”.

Grazie a una sovvenzione una tantum fornita da HSI, il signor Doanh sta avviando un negozio di alimentari. Come parte dell’accordo, ha consegnato a HSI i restanti venti gatti e gattini del suo mattatoio, in modo che potessero essere salvati e dati in adozione a livello locale. I soccorritori di HSI hanno messo in salvo i gatti traumatizzati l’ultimo giorno di attività del macello e hanno assistito all’abbattimento dell’insegna “carne di gatto” del ristorante, simbolo della sua uscita dal commercio di carne di gatto.

Quang Nguyen, Responsabile del programma vietnamita di Humane Society International per gli animali da compagnia ha dichiarato: “Siamo entusiasti della prima chiusura di una attività di commercio di carne di gatto che abbiamo operato in Vietnam e speriamo che sia la prima di molte altre, dato che sempre più persone come il signor Doanh si allontanano da questo commercio crudele. Sebbene la maggior parte dei vietnamiti non mangi carne di gatto, persiste la credenza che il consumo possa curare la sfortuna, e l’entità delle sofferenze è sorprendente. Questi venti gatti e gattini fortunati sono sfuggiti a un destino terribile e troveranno una casa amorevole, ma il nostro lavoro continua per vedere implementato, a livello nazionale, un divieto al commercio di carne di gatto, attività che porta dolore e angoscia a così tante persone”.

Si stima che in Vietnam vengano uccisi il consumo umano circa un milione di gatti all’anno, tutti animali domestici rubati o randagi strappati dalle strade. I commercianti usano esche alimentari per attirare i gatti in trappole a molla fatte in casa. I sondaggi mostrano che ben l’87% delle persone ha subito il furto di un animale domestico o ha un conoscente a cui è stato rubato. In Vietnam, il furto di animali domestici sta diventando un problema sociale crescente., con una popolazione sempre più amante degli animali e proprietaria di animali domestici, frustrata dalla mancanza di forze dell’ordine che proteggano i loro animali da ladri e commercianti senza scrupoli. Oltre al furto di animali domestici, sono stati segnalati anche camion carichi di gatti vivi e macellati che attraversano il confine con la Cina. I gatti (e i cani) vengono spesso trasportati per distanze incredibili attraverso il Vietnam, persino nella stiva degli autobus passeggeri, spesso viaggiando per più di 24 ore senza pause, cibo o acqua, in condizioni soffocanti; molti muoiono durante il viaggio.

Un recente sondaggio d’opinione realizzato da Nielsen* (ottobre 2023) e commissionato da HSI, rivela che la carne di gatto è consumata da una relativa minoranza della popolazione vietnamita (21%), mentre la maggioranza (71%) è favorevole a un divieto al consumo e al commercio di carne di gatto. I motivi principali per cui non si consuma carne di cane e gatto sono la convinzione che si tratti di animali da compagnia e l’avversione per la crudeltà sugli animali.

Tutti i gatti salvati dal macello del signor Doanh sono stati portati in un rifugio realizzato ad hoc presso l’Università di Scienze Agrarie e Forestali di Thai Nguyen, dove sono stati vaccinati contro la rabbia e riceveranno cure veterinaria prima di essere resi disponibili per l’adozione localmente.

Fatti relativi al commercio di carne di gatto

  • I piatti a base di carne di gatto sono particolarmente diffusi nella capitale Hanoi e nella provincia settentrionale di Thai Binh.
  • Nel 2018, nove casse frigo contenenti quasi una tonnellata di gatti congelati è stata intercettata tra la provincia di Dong Nai, nel sud, e quella di Thai Binh, nel nord.
  • Nel 1998, il Primo Ministro ha emanato una direttiva che vietava la caccia, la macellazione e il consumo di gatti nel tentativo di incoraggiare il possesso di gatti come animali da compagnia, anche per tenere sotto controllo la popolazione di ratti. Tuttavia, non è stata intrapresa alcuna azione per combattere il commercio e la direttiva è stata abrogata nel 2020.

Video e foto dell’operazione di chiusura del mattatoio possono essere scaricate QUI

*Il sondaggio online di Nielsen sui cittadini vietnamiti è stato condotto nel settembre 2023 su un campione di 800 persone di età compresa tra i 25 e i 60 anni.

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Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

 

Humane Society International/Europe e Fondazione CAVE CANEM presentano la brochure pensata per le scuole medie: “invitiamo gli istituti scolastici a portarla in classe!”

Humane Society International / Europa


Chiara Muzzini/Fondazione CAVE CANEM 

ROMA—Si è tenuto ieri pomeriggio il laboratorio IO NON COMBATTO, destinato agli alunni delle scuole medie per affrontare assieme a loro i temi interconnessi dei combattimenti tra cani, della legalità e della sensibilità nei confronti degli animali, organizzato da Humane Society International/Europe e Fondazione CAVE CANEM ONLUS, presso la Biblioteca Aldo Fabrizi del quartiere San Basilio di Roma.

In Italia, la legge punisce chi organizza e dirige i combattimenti; alleva, addestra e fa partecipare gli animali; scommette sul risultato dei combattimenti; promuove o riprende queste attività; e chi le compie con persone armate o minori. La presenza di bambini o ragazzi è particolarmente grave perché può sviluppare insensibilità verso la sofferenza degli animali, entusiasmo per la violenza e mancanza di rispetto per la legge. Questo può portare alla devianza e alla delinquenza, che, secondo gli psicologi dell’età evolutiva, può svilupparsi nella fascia di età compresa fra i 10 e i 14 per i soggetti esposti a determinati comportamenti violenti, fino a diventarne assuefatti.

Per accompagnare il confronto con i ragazzi è intervenuta la Dottoressa Roberta Costagliola, psicologa specializzata nello sviluppo dell’età evolutiva. Ha dichiarato: “Il tema del combattimento tra cani è sì un argomento molto delicato ma che va assolutamente affrontato con i giovani di oggi, troppo spesso portati a vivere situazioni di vita devianti, in ambito sociale e relazionale, spesso sprovvisti degli strumenti giusti per fronteggiarle e fuggirle. Quindi si finisce per emulare i comportamenti dei “più forti” ma che risultano scorretti, lesivi, per loro e per gli altri, finendo inevitabilmente nel buio circuito della devianza minorile da cui risulta sempre più difficile uscirne. Con questo laboratorio abbiamo provato a lavorare sulle emozioni di giovani ragazzi davanti alla proiezione di video racconti con protagonisti i cani, con l’intenzione di sollecitare reazioni ed emozioni, dando a loro un nome. Un lavoro autoriflessivo gestito in piccoli gruppi con la possibilità di condivisione e collaborazione, ma anche un lavoro sull’empatia nei confronti dei cani, spostando il focus sulle vittime per far capire loro cosa realmente si prova ad essere dalla parte dei “più deboli”.”

In questo contesto è stata presentata anche una brochure dedicata agli alunni, che oltre a spiegare, con un linguaggio consono all’età dei lettori, cosa sono i combattimenti tra cani, interroga i ragazzi sul ruolo dei cani e degli animali nella società, del loro rapporto con essi e del contributo che possono dare per diffondere una cultura di rispetto e compassione verso gli animali. Gli animali come esseri senzienti, il significato di legalità, gli effetti crudeli sul corpo e sulla psiche dei combattenti i temi affrontati per sottolineare il messaggio centrale della brochure: “diventare un bullo, trasgredire, emulare comportamenti criminali non è mai cool!”

Federica Faiella, Presidente della Fondazione CAVE CANEM e Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI/Europe dichiarano: “I combattimenti tra animali sono una pratica criminosa ed estremamente crudele che non risparmia nessuno. In primis i cani costretti a combattere, allenarsi e riprodursi per alimentare questi circuiti. In secondo luogo, bambini e ragazzi esposti a questa barbarie e quindi al rischio di emulare comportamenti criminali ed entrare in una spirale di delinquenza e violenza. Invitiamo gli istituti scolastici di tutta Italia a portare il tema e la brochure nelle classi per sensibilizzare e far riflettere i ragazzi. Siamo disponibili a presentare il nostro progetto nelle scuole che lo richiederanno e ringraziamo la Biblioteca Aldo Fabrizi che per prima ci ha voluto accogliere.”

Infine, le classi partecipanti hanno anche potuto conoscere Zoe, cagnolina salvata da un circuito di combattimenti salernitano e accolta da Humane Society International/Europe e Fondazione CAVE CANEM ONLUS presso il rifugio Valle Grande di Roma, dove ha intrapreso e concluso con successo un percorso di recupero psico-fisico, condotto dal team di educatori cinofili specializzati di Mirko Zuccari, Dog Trainer Manager della Fondazione CAVE CANEM. Con la presenza di Zoe il tema trattato non è rimasto solo astratto ma ha assunto il volto di un individuo concreto e reale. La vittima non è più un cane qualunque ma quel cane e la sua non è solo la storia di una vittima, bensì una di riscatto, di dignità restituita.

Foto dell’evento (creare account per il download)

Sul sito del progetto IO NON COMBATTO  è presente e scaricabile anche una guida al cittadino per riconoscere i segnali e denunciare la presenza di combattimenti tra cani.

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Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

Humane Society International


HSI

ROMA—Il  vettore di riferimento italiano ITA Airways, annuncia con orgoglio l’adesione alla campagna dell’Organizzazione internazionale per la protezione degli animali Humane Society International/Europe #NotInMyWorld e adotta una nuova policy aziendale che vieta il trasporto di trofei di caccia su tutti i voli della Compagnia, sia come cargo, sia come bagaglio al seguito dei passeggeri.  Si tratta di un’importante testimonianza dell’impegno dell’azienda per la conservazione della fauna selvatica, nonché di un contributo significativo per porre fine alla caccia al trofeo e per coltivare pratiche aziendali che riconoscono la responsabilità della comunità mondiale per la protezione della biodiversità.

Centinaia di migliaia di animali in tutto il mondo, inclusi quelli appartenenti a specie minacciate e in via di estinzione, vengono uccisi dai cacciatori di trofei per divertimento e vanto, contribuendo al declino delle loro popolazioni, a indebolire gli sforzi per la loro conservazione e alla diffusione di pratiche eticamente discutibili. A differenza della caccia di sussistenza, la motivazione principale di chi pratica questa attività è quella di uccidere animali considerati rari o particolarmente ambiti per le loro caratteristiche fisiche (criniera folta, zanne lunghe, dimensione, ecc.) per competizione e divertimento e trasformarli in oggetti da esporre come trofei, a testimonianza del successo ottenuto durante la caccia. Considerando che un numero significativo di cacciatori di trofei prenota viaggi venatori all’estero con l’intenzione di portarsi a casa questi macabri souvenir, il settore dei trasporti svolge un ruolo chiave nel facilitare questa industria eticamente discutibile e dannosa.

A livello nazionale, l’impegno di ITA Airways assume particolare rilevanza poiché l’Italia è tra i principali importatori in Europa. Tra il 2014 e il 2021, infatti sono stati importati 442 trofei di caccia provenienti da mammiferi protetti dalla Convezione sul commercio internazionale di specie della fauna e della flora in via di estinzione , tra cui ippopotami, rinoceronti, elefanti e leoni. Questi dati rivelano il coinvolgimento attivo del Paese nell’industria della caccia al trofeo, nonostante, secondo un sondaggio, l’86% degli italiani si opponga a questa pratica e il 74% sia a favore di un divieto di importazione dei trofei di caccia a livello legislativo.

Con l’adesione alla campagna, ITA Airways ha adottato una serie di misure tra cui:

  • Aggiunta dei trofei di caccia alla lista degli oggetti vietati:
  • ITA Airways ha ampliato la lista di oggetti vietati per il trasporto sia nei bagagli dei passeggeri, sia come cargo, includendo espressamente i trofei di caccia. Questa chiara proibizione garantisce che tali oggetti non siano accettati a bordo dei voli di ITA Airways.
  • Pubblicazione online della policy: La policy in materia di trofei di caccia è stata pubblicata sul sito web ufficiale di ITA Airways, offrendo trasparenza e accessibilità alle nuove direttive. Questo passo riflette l’impegno dell’azienda per una comunicazione aperta e responsabile.
  • Aggiornamento dei manuali operativi per le procedure di cargo e quelle di terra: ITA Airways ha rivisto e aggiornato i propri manuali operativi, assicurandosi che le nuove disposizioni in materia di trofei di caccia siano pienamente integrate nelle procedure di cargo e nelle operazioni di terra.
  • Diffusione della policy a personale, hub e fornitori: Le nuove misure sono state diffuse a tutti i livelli dell’azienda, compreso il personale di volo e di terra, nonché i fornitori e gli hub in cui la compagnia aerea opera. Questa diffusione garantisce la piena comprensione e adesione alle nuove disposizioni in materia di trofei di caccia.

Giovanna Di Vito, Chief Program Office, ESG & Customer Operations di ITA Airways sottolinea: “Il nostro convinto sostegno alla campagna di Humane Society International/Europe per fermare le importazioni di trofei di caccia in Italia e in Europa, riflette l’impegno costante di ITA Airways a favore del pianeta, del nostro Paese, delle comunità. La nuova policy della Compagnia, che formalizza il divieto di trasporto dei trofei di caccia sui propri voli, è un’azione concreta, il nostro contributo alla tutela della fauna selvatica e alla promozione di tale tutela. Riteniamo infatti che le aziende abbiano un ruolo fondamentale nel sostenere e diffondere le pratiche etiche che rappresentano un progresso effettivo verso un futuro più responsabile e sostenibile.”

Martina Pluda, Direttrice di Humane Society International/Europe in Italia, afferma: “L’adesione alla nostra campagna e la nuova policy aziendale di ITA Airways rappresentano un contributo altamente significativo all’obiettivo di porre fine alla crudele pratica della caccia al trofeo. Anche le aziende, infatti, svolgono un ruolo importante nell’azione collettiva necessaria per proteggere la fauna selvatica minacciata a livello globale. Con la campagna #NotInMyWorld di Humane Society International/Europe, continuiamo a rafforzare il nostro impegno per la salvaguardia delle specie in via di estinzione affinché divieti di importazione, esportazione e ri-esportazione dei trofei di caccia provenienti da animali protetti vengano introdotti in Italia e in Europa.”

Oltre a ITA Airways, sono sempre di più le compagnie aeree, gli operatori di cargo e le aziende del settore dei trasporti in tutto il mondo che hanno adottato politiche aziendali contro il trasporto di trofei di caccia. Consultare hsi.org/trophy-free-transport per una panoramica di tutte le aziende di trasporto impegnate.

Le informazioni sulla policy di ITA Airways sono disponibili

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Per informazioni alla stampa:

  • Contatto HSI/Europe: Eva-Maria Heinen, Communications & PR Manager Italia/Germania: emheinen@hsi.org; 3338608589
  • Contatto ITA Airways: Pietro Caldaroni, Head of Communication and Institutional Relations; media@ita-airways.com

Grazie al programma "Models for Change" di Humane Society International il proprietario ha deciso di uscire dal commercio e avviare una nuova attività

Humane Society International / Europa


Chau Doan | AP Images for HSI

THAI NGUYEN, Vietnam—cani, tra cui 19 cuccioli di pochi giorni, sono stati salvati da un macello di carne di cane a Thai Nguyen, in Vietnam, dopo che il proprietario si è convinto a chiudere definitivamente il commercio e cambiare attività. Il signor Hung ha comprato, venduto e macellato circa 20.000 cani per il commercio di carne negli ultimi sette anni, ma ha dichiarato che l’uccisione degli animali pesava molto sulla sua coscienza e si è sentito sollevato quando l’organizzazione per la protezione degli animali Humane Society International gli ha offerto una via d’uscita nell’ambito del suo programma “Models for Change”. Il signor Hung adesso aprirà un negozio di prodotti agricoli per la comunità locale.

La squadra di HSI è arrivata da Vietnam, Indonesia e India per prelevare i 44 cani dalla struttura del signor Hung e trasportarli in un rifugio presso l’Università di Scienze Agrarie e Forestali di Thai Nguyen, dove sono stati vaccinati contro la rabbia: i cani riceveranno cure veterinarie e riabilitative prima di essere resi disponibili per l’adozione sul territorio.

Circa 5 milioni di cani vengono uccisi ogni anno per il commercio della loro carne in Vietnam: la maggior parte di loro sono animali domestici rubati o randagi adescati sulle strade con esche avvelenate, o catturati con pistole taser, tenaglie o corde, oppure importati da Paesi limitrofi come la Cambogia. Tuttavia, la maggior parte dei cani del signor Hung gli erano stati venduti da famiglie rurali che allevavano cuccioli per integrare il loro reddito principale.

I commercianti di solito vanno di villaggio in villaggio in moto o in camion per raccogliere i cuccioli dalle comunità rurali. I cuccioli vengono stipati in piccole gabbie e portati in strutture come quella del signor Hung per essere ingrassati forzatamente; molti di loro soffrono di disidratazione, soffocamento, colpi di calore o perdono la vita durante il viaggio.

Prima della chiusura, i commercianti consegnavano circa 50 cuccioli ogni uno o due mesi alla struttura del signor Hung, dove venivano tenuti in gabbie sporche, senza ricevere cure veterinarie, per essere ingrassati durante un periodo di diverse settimane o mesi fino a raggiungere il peso adeguato alla macellazione ed essere venduti come “thịt chó” (carne di cane).

Le ricerche di HSI in altre parti del Vietnam hanno portato alla luce la crudele pratica dell’alimentazione forzata, praticata tramite l’inserimento di un tubo in gola in modo che il riso arrivasse direttamente nello stomaco dei cani. Pur affermando di non averla mai praticata, il signor Hung era a conoscenza di questa pratica. Oltre a vendere i cani ai macelli e ai ristoranti locali, uccideva uno o due cani al giorno, colpendoli con un coltello alla giugulare o al cuore, in piena vista degli altri cani. Un ciclo di sofferenza e brutalità che ha finito per esasperare lo stesso Hung.

“Guardavo i loro occhi imploranti – dichiara – e vedevo le loro code scodinzolare nervosamente mentre mi avvicinavo, e ogni volta diventava più difficile farlo. Arrivavano da me come cuccioli felici e pieni di vita, ma presto diventavano traumatizzati e spaventati. Alla fine, mi si è spezzato il cuore. I cani sono così leali e amichevoli che venderli o ucciderli mi sembrava un tradimento: pesava molto sulla mia coscienza. Quando ho saputo che il programma “Models for Change” di Humane Society International aveva aiutato un altro commerciante di Thai Nguyen a chiudere il suo macello e ristorante di carne di cane l’anno scorso, mi sono sentito sollevato nel sapere che c’era un modo per ricominciare la mia vita senza dover uccidere animali per vivere. Sono entusiasta della mia nuova attività e di sapere che tutti i miei cani avranno la vita felice che meritano, con famiglie che si prenderanno cura di loro”.

Oltre ad affrontare l’estrema crudeltà insita nel commercio di cani per il consumo umano, il programma di HSI contribuisce anche a contrastare la diffusione del mortale virus della rabbia in Vietnam. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la rabbia uccide ogni anno più di 70 persone in Vietnam: la maggior parte dei casi è causata dal morso di un cane, mentre altri casi accertati sono legati alla macellazione e al consumo di cani. Un’alta incidenza di cani positivi alla rabbia è stata documentata nei macelli della capitale, Hanoi. Che si tratti di traffico da Paesi vicini, cattura e trasporto a centinaia di chilometri attraverso il Vietnam o vendita per la macellazione da parte di famiglie locali, il commercio di carne di cane comporta il movimento e la macellazione in massa di cani di cui non si conoscono eventuali malattie o lo stato di vaccinazione, mettendo a repentaglio gli sforzi per controllare la diffusione della rabbia.

“Il commercio di carne di cane è un’attività crudele e pericolosa in Vietnam, che mette a rischio la salute della nazione per profitto, in violazione delle leggi esistenti”, sottolinea Phuong Tham, Direttore di Humane Society International per il Vietnam. “Hung è il secondo commerciante del Vietnam a partecipare al nostro programma “Models for Change”: l’auspicio è anche di sensibilizzare le autorità a impegnarsi in una strategia per fornire ai lavoratori del settore mezzi di sussistenza alternativi ed economicamente validi, sostenendo al contempo gli sforzi del Governo per eliminare la rabbia. Sebbene la carne di cane sia ancora diffusa in alcune zone del Paese, si registra una sempre maggiore opposizione a questa pratica tra la crescente popolazione di amanti degli animali domestici in Vietnam, frustrata dalla mancanza di azioni contro i ladri e i commercianti di cani senza scrupoli, che rubano gli amati compagni di vita delle persone. Con l’evoluzione del ruolo dei cani nella società, deve cambiare anche la legislazione per proteggerli dalla crudeltà e dallo sfruttamento”.

Il programma “Models for Change” di HSI è stato avviato in Vietnam l’anno scorso, dopo aver operato con successo dal 2015 in Corea del Sud, dove l’associazione ha chiuso 18 allevamenti di cani da carne e ha contribuito a creare un sostegno pubblico e politico per un divieto a livello nazionale. HSI ha portato il suo programma “Models for Change” in Vietnam l’anno scorso con la chiusura di un macello e di un ristorante per cani di proprietà di un vicino di casa del signor Hung. La chiusura ha spinto il signor Hung a contattare l’Università di Scienze Agrarie e Forestali di Thai Nguyen per un aiuto nel reinserimento dei suoi cani, che a sua volta ha chiesto ad HSI di fornire competenze e risorse per sostenere il salvataggio e formare veterinari locali per contribuire al successo a lungo termine del centro di recupero.

Il commercia della carne di cane:

  • Il Vietnam è la patria del commercio di carne di cane e di gatto più prolifico del Sud-est asiatico, con una macellazione stimata di circa cinque milioni di cani e un milione di gatti all’anno. Alcuni consumatori credono, nonostante l’assenza di prove scientifiche, che la carne di cane abbia proprietà medicinali e possa aumentare la virilità maschile.
  • Le ricerche di HSI suggeriscono che la carne di cane è consumata da circa il 40% della popolazione, ma non è una prelibatezza costosa: a Thai Nguyen costa dai 150.000 ai 200.000 VND ($6-$8) al piatto.
  • Mentre la vendita e il consumo di carne di cane non sono illegali in Vietnam, sia la movimentazione trans-provinciale non regolamentata di cani che il furto di animali domestici sono reati. I funzionari di diverse città, tra cui Hanoi e Hoi An, si sono impegnati a porre fine al commercio, ma la legge viene raramente applicata.
  • I furti di animali domestici e l’arresto dei ladri sono spesso riportati dai media vietnamiti e i proprietari devastati spesso ricomprano i loro amati compagni se hanno la fortuna di ritrovarli dopo la cattura.
  • Il legame tra la trasmissione della rabbia e il commercio di carne di cane in Vietnam è stato chiaramente identificato dall’OMS[1]. I dati dell’Istituto Nazionale di Igiene ed Epidemiologia del Vietnam mostrano che una percentuale significativa di pazienti viene infettata dal virus dopo aver ucciso, macellato o mangiato cani, o dopo essere stata morsa. Nel 2018 e nel 2019, le autorità di Hanoi e Ho Chi Minh City hanno rispettivamente invitato i cittadini a non consumare carne di cane per ridurre il rischio di trasmissione della malattia.
  • Nel luglio 2023, il Comitato del Popolo della Provincia di Dong Nai e HSI hanno firmato un accordo triennale, unico nel suo genere, per collaborare nella lotta al commercio di carne di cane e di gatto, attuando un programma di vaccinazione antirabbica, scoraggiando il consumo di carne di cane e di gatto attraverso campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, sostenendo le attività delle Forze dell’Ordine contro il traffico di cani e gatti, promuovendo il benessere degli animali da compagnia e aiutando i lavoratori dell’industria della carne di cane e di gatto a passare a mezzi di sussistenza alternativi.

Foto e video delle operazioni di chiusura del mattatoio per cani

Per sostenere il lavoro di HSI in Asia e nel mondo

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Contatto: Martina Pluda, direttrice per l’Italia, mpluda@hsi.org; 3714120885

[1] Hampson, K., 2009. Mission Report: Vietnam. WHO

Humane Society International/Europe: “L’UE deve vietare le importazioni e le vendite di pellicce per proteggere gli animali e l’ambiente.”

Humane Society International / Europa


Fur farm
Claire Bass/HSI

ROMA—L’impatto ambientale della produzione di pellicce di visone, volpe e cane procione supera di gran lunga quello di altri materiali utilizzati nella moda, tra cui il cotone e persino il poliestere e l’acrilico, usati per la produzione di pellicce finte. Questo è quanto emerge da un nuovo rapporto realizzato dalla società di consulenza Foodsteps, commissionato da Humane Society International/UK e revisionato dal rinomato esperto di sostenibilità Isaac Emery. Il rapporto dimostra che la narrazione dell’industria della pellicceria, che presenta la pelliccia some “il materiale più ecologico disponibile” è ingannevole e un’operazione di greenwashing nei confronti di consumatori e rivenditori.

Secondo lo studio, la pelliccia ha le più alte emissioni di gas serra per chilogrammo rispetto ad altri materiali, tra cui anidride carbonica, metano e ossido di azoto. L’impronta carbonica di un chilogrammo di pelliccia di visone è 31 volte superiore a quella del cotone e 25 volte a quella del poliestere. Per quanto riguarda il consumo idrico, le tre pellicce animali sono le peggiori tra tutti i materiali studiati: 104 volte più alte dell’acrilico, 91 volte più del poliestere e cinque volte più del cotone. Anche gli accessori in pelliccia, come i bordi sui cappucci delle giacche e i pon-pon su cappelli e scarpe, hanno un prezzo ecologico più alto rispetto alle loro controparti in acrilico. Ad esempio, lo studio stima che un pon-pon in pelliccia di cane procione su un cappello, abbia un’impronta carbonica quasi 20 volte superiore dell’acrilico.

Ogni anno, circa 100 milioni di animali vengono utilizzati per la produzione di pellicce in tutto il mondo. Solo in Europa sono stati allevati e uccisi circa 10 milioni di visoni, volpi e cani procione. Il rapporto di HSI mostra che un divieto di allevamento di animali da pelliccia in tutta Europa farebbe risparmiare quasi 300.000 tonnellate di CO2 equivalenti, pari alle emissioni annuali di anidride carbonica di circa 44.000 cittadini dell’UE. Si risparmierebbero inoltre circa 3.700 tonnellate di inquinamento idrico e 11.800 tonnellate di emissioni atmosferiche. Inoltre, le grandi quantità di escrementi prodotti dagli animali negli allevamenti sono dannose per l’ambiente. La produzione di pelliccia richiede enormi quantità di acqua, sale e l’uso di sostanze chimiche come il cromo e la formaldeide – elencati come cancerogeni tossici – per evitare la decomposizione naturale della pelle e della pelliccia.

La Dottoressa Joanna Swabe, Direttrice delle Relazioni Istituzionali di Humane Society International/Europe, afferma: “Questo nuovo studio accende i riflettori sulle affermazioni dell’industria della pellicceria in merito alla sua compatibilità ambientale, sbugiardandole. Presentare la pelliccia animale come più sostenibile rispetto a quella sintetica è greenwashing e i consumatori non devono farsi ingannare. Considerato il suo impatto ambientale, l’industria della pellicceria è un grande inquinatore, che la cui impronta ecologica è superiore a quella della produzione di materiali come il cotone e l’acrilico. La pelliccia di visone, ad esempio, ha un’impronta carbonica che supera di 7 volte quella della carne bovina e di 34 volte quella avicola. Questa industria minaccia l’ambiente e sottopone gli animali a condizioni di vita e di morte raccapriccianti. L’UE deve rispondere al milione e mezzo di firme di cittadine e cittadine UE, raccolte tramite l’Iniziativa dei Cittadini Europei #FurFreeEurope.”

Si stima che tra il 2% e l’8% delle emissioni di gas serra a livello globale siano riconducibili all’industria della moda, che è inoltre un importante inquinatore di acqua. Limitare l’impronta ambientale della settore moda è quindi fondamentale per rispettare gli impegni internazionali sul cambiamento climatico. HSI/Europe ritiene che questo nuovo rapporto fornisca prove inconfutabili sulla necessità di eliminare l’impronta ambientale sproporzionata del commercio globale di pellicce, anche vietando l’importazione e la vendita di pellicce nell’UE.

Principali risultati del rapporto:

  • L’impronta carbonica di 1 kg di pelliccia di visone (309,91 kg di CO2-eq) è 31 volte superiore a quella del cotone, 26 volte a quella dell’acrilico e 25 volte a quella del poliestere. Anche la pelliccia di cane procione e la pelliccia di volpe hanno un’impronta carbonica elevata, circa 23 volte peggiore di quella del cotone e 18 volte peggiore di quella del poliestere.
  • La pelliccia di visone produce emissioni atmosferiche 271 volte superiori a quelle dell’acrilico, 215 volte superiori a quelle del cotone e 150 volte superiori a quelle del poliestere. La pelliccia di volpe e di cane procione produce emissioni atmosferiche circa 104 volte superiori a quelle dell’acrilico, 83 volte a quelle del cotone e 57 volte a quelle del poliestere.
  • Per ogni chilogrammo di pelliccia prodotto sono necessari quasi 30.000 litri di acqua. Il consumo idrico medio delle tre tipologie di pelliccia (visone, volpe, cane procione) è 104 volte superiore a quello dell’acrilico, 91 volte a quello del poliestere e 5 volte a quello del cotone.
  • La produzione di tutti e tre i tipi di pelliccia ha un impatto devastante sull’inquinamento idrico; la pelliccia di visone produce quasi 400 volte l’inquinamento idrico per chilogrammo del poliestere, e in media tutte e tre le pellicce sono 100 volte più inquinanti del cotone e 75 volte più dell’acrilico.

Humane Society International (HSI) ritiene che, con l’aumento di materiali innovativi di nuova generazione, a base biologica, tra cui la pelliccia sintetica realizzata con materie prime di origine vegetale, i materiali privi di animali diventeranno sempre più ecologici. L’Institute for Faux Fur di Parigi ha lanciato una tabella di marcia, delineando modi innovativi di produrre pellicce sintetiche, chiamata SMARTFUR, basata sui principi dell’economia circolare. Nel settembre 2019, Stella McCartney ha stretto una partnership con DuPont per lanciare KOBA® Fur Free Fur, la prima pelliccia sintetica al mondo completamente riciclabile, realizzata con materie prime di origine vegetale e poliestere riciclato. Successivamente, i fondatori Ashwariya Lahariya e Martin Stübler hanno lanciato BioFluff, il primo prodotto di pelliccia a base vegetale al mondo.

Il rapporto di HSI si basa sui dati pubblicati dal gruppo francese di moda Kering – diventato fur-free – nei propri bilanci “Environmental Profit & Loss”, per incoraggiare un maggiore avvicinamento alla sostenibilità nel settore della moda.

Il rapporto esamina l’impatto dei materiali lungo tutta la catena di approvvigionamento, compresa la produzione di materie prime, la lavorazione, la produzione, l’assemblaggio e tutte le operazioni necessarie fino alla vendita al dettaglio. Sebbene questa analisi del ciclo di vita dell’industria della moda non consideri lo smaltimento a fine vita, HSI/Europe sottolinea che tutti gli indumenti possono finire in discarica, e gli articoli con pelliccia animale non fanno eccezione.

La Dottoressa Swabe aggiunge: “Tutti i materiali hanno in qualche misura un’impronta carbonica ma il nuovo rapporto di HSI dimostra che la produzione di pellicce animali ha un impatto ambientale molto più significativo. Giacche bordate di pelliccia, cappelli con pon-pon e altri articoli di moda usa e getta hanno la stessa probabilità di finire in discarica della pelliccia sintetica. La verità è che l’allevamento intensivo di milioni di animali e la lavorazione delle loro pelli con sostanze chimiche non possono mai essere definiti naturali o sostenibili.”

Approfondimento sull’eliminazione delle pellicce:

  • La maggior parte dei principali stilisti del mondo ha introdotto politiche fur-free, tra cui tutti i sei marchi del gruppo Kering – Saint Laurent, Brioni, Gucci, Alexander McQueen, Balenciaga e Bottega Veneta – oltre a nomi come Valentino, Prada, Armani, Versace, Michael Kors, Jimmy Choo, DKNY, Burberry e Chanel.
  • L’Iniziativa dei Cittadini Europei #FurFreeEurope, sostenuta da ben 1,5 milioni di firme, dimostra l’ampio sostegno dei cittadini dell’Unione Europea che esortano la Commissione Europea a vietare l’allevamento di animali da pelliccia e la vendita di prodotti di pellicceria nel mercato europeo.
  • L’allevamento di animali da pelliccia è già vietato in molti Paesi dell’UE, tra cui Austria, Belgio, Bosnia-Erzegovina, Repubblica Ceca, Croazia, Estonia, Francia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lussemburgo, Macedonia, Malta, Paesi Bassi, Norvegia, Serbia, Slovacchia e Slovenia. Lituania, Polonia e Romania stanno attualmente valutando la possibilità di introdurre simili divieti.
  • Negli Stati Uniti, lo Stato della California ha vietato la vendita di pellicce nel 2019. In totale, 13 città statunitensi hanno vietato la vendita di pellicce, mentre Israele è diventato il primo Paese al mondo a vietare la vendita di pellicce nel 2021.
  • I visoni di oltre 480 allevamenti in 12 Paesi, tra cui Italia, Polonia, Svezia e Danimarca, sono stati trovati infetti da SARS-CoV-2. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto il potenziale di trasmissione e diffusione zoonotica negli allevamenti di animali da pelliccia. Nell’ottobre 2022, un focolaio di influenza aviaria ad alta patogenicità (H5N1) in un allevamento di visoni n Spagna ha indotto autorevoli virologi a definirlo “un campanello di allarme” per porre immediatamente fine a questa pratica.

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Cliccare QUI per scaricare il rapporto.

Cliccare QUI per visionare la video-animazione sull’impronta ambientale del commercio di pellicce.

Contatto:

  • Eva-Maria Heinen, Communications & PR Manager Italia/Germania: emheinen@hsi.org; 3338608589
  • Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

Un divieto provvisorio vieta la caccia al trofeo di elefanti africani in Sudafrica

Humane Society International / Europa


Simon Eeman/Alamy Stock

CITTÀ DEL CAPO—Humane Society International ha appreso dell’uccisione di un elefante maschio, durante una tragica battuta di caccia al trofeo, tenutasi il 3 settembre 2023, in una riserva nella provincia di Limpopo, in Sudafrica. L’elefante ha sofferto terribilmente a causa degli otto colpi da arma da fuoco che lo hanno lasciato ferito e agonizzante a lungo, prima di morire.

Questo tragico episodio rappresenta una violazione dei permessi di caccia e del divieto provvisorio pronunciato dell’Alta Corte del Sudafrica, emesso dopo l’azione legale condotta con successo da Humane Society International/Africa (HSI/Africa) contro il Dipartimento delle Foreste, della Pesca e dell’Ambiente, nel 2022. L’ordine del tribunale vieta esplicitamente l’assegnazione di permessi per la caccia al trofeo di elefanti africani, leopardi e rinoceronti neri in Sudafrica.

L’elefante è stato ucciso nella Maseke Game Reserve, situata all’interno della Balule Nature Reserve, durante una battuta di caccia alla quale hanno partecipato il cliente, una guida venatoria, un rappresentante della riserva e un fuciliere di riserva. Secondo una lettera pubblicata dalla Balule Nature Reserve, il cliente ha sparato il primo colpo, ferendo l’elefante. Il rappresentante della riserva e la guida hanno sparato invano altri colpi per abbatterlo. L’elefante ferito ha cercato di fuggire nella vicina Grietjie Game Reserve, una riserva di ecoturismo, dove la caccia al trofeo è vietata. L’animale ferito è stato seguito a piedi e da un elicottero nella Maseke Game Reserve, dove è stato infine ucciso con altri colpi. Secondo quanto riferito, l’elefante è stato colpito da otto pallottole prima di morire, agonizzante per le ferite riportate.

Tony Gerrans, Direttore Esecutivo di Humane Society International/Africa, afferma: “Siamo inorriditi da questa tragedia. La Corte Suprema ha ordinato lo stop alla caccia di elefanti. La conclusione della lettera secondo cui questa battuta è avvenuta illegalmente è sbagliata. Inoltre, nessun animale dovrebbe mai provare il dolore e la sofferenza di questo elefante. La pratica della caccia al trofeo non è solo profondamente disumana, ma rappresenta anche una grave minaccia per la nostra biodiversità e danneggia la reputazione globale del Sudafrica come destinazione turistica sostenibile e responsabile. Ferire, cacciare e uccidere qualsiasi animale in questo modo è inaccettabile”.

La Balule Nature Reserve fa parte delle Riserve Naturali Private Associate (APNR), un gruppo di riserve naturali di proprietà privata confinanti con il Parco Nazionale Kruger. Gli animali possono muoversi liberamente attraverso i confini delle riserve vicine. All’interno dell’APNR ci sono alcune riserve in cui è consentita la caccia al trofeo e altre dove invece è proibita. Questo significa che gli animali protetti di una riserva, o addirittura del Parco Nazionale Kruger, potrebbero essere uccisi dai cacciatori di trofei di un’altra riserva.

Sarah Veatch, Director of Wildlife Policy di Humane Society International, dichiara: “Questo incidente desta grave preoccupazione anche al di fuori del Sudafrica: richiama l’attenzione sulla dilagante malagestione, sulla mancanza di sorveglianza e sulla natura crudele del business della caccia al trofeo a livello globale. Questo episodio ricorda la tragedia del leone Cecil in Zimbabwe, che ha sofferto per oltre dieci ore, per le ferite causategli da una freccia, prima di essere ucciso da un cacciatore di trofei. Ciò accade molto più spesso di questi due casi. Le violazioni dei permessi e i casi documentati di sofferenza, come quelli di questo elefante e di Cecil, sono manifestazioni di una cultura molto diffusa, che ignora e disprezza gli animali e le leggi del settore”.

“Questo incidente dimostra ancora una volta quanto sia disumano cacciare animali senzienti solo per vantarsi e per esporre parti del loro corpo come trofei su una parete. Troppi animali in pericolo e minacciati di estinzione continuano a soffrire e a morire all’interno delle cosiddette “riserve naturali” per questo sanguinario sport”, prosegue Tony Gerrans. “HSI/Africa ha contestato permissivismo del Governo nei confronti di questa orribile attività e chiediamo a tutti gli attori del settore di attenersi all’ordinanza dell’Alta Corte sudafricana che non permette di autorizzare la caccia di elefanti, leopardi e rinoceronti neri fino a quando non ci sarà un pronunciamento diverso”.

Foto da scaricare (creare account per il download)

Nota dell’editore: Queste foto ritraggono elefanti che si trovano in un’altra località del Sudafrica, la Makalali Game Reserve. Queste immagini non sono state scattate nella Maseke Game Reserve o nella Balule Nature Reserve e non si tratta dell’elefante a cui è stato sparato.

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Contatto:

  • Eva-Maria Heinen, Communications & PR Manager Italia/Germania: emheinen@hsi.org;  3338608589
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L’obbiettivo delle autorità è combattere la diffusione della rabbia e la crudeltà verso gli animali

Humane Society International


Khalisya Anjani/Dog Meat Free Indonesia

GIACARTA—L’attrice hollywoodiana Kim Basinger, il comico Ricky Gervais e l’attore britannico Peter Egan si sono uniti agli attivisti della coalizione Dog Meat Free Indonesia (DMFI) per celebrare la notizia che la capitale dell’Indonesia, Giacarta, ha vietato il commercio di carne di cane e gatto. Le star hanno inviato un video messaggio dopo che il Dipartimento per la Sicurezza Alimentare e l’Agricoltura ha confermato che Giacarta è diventata la ventunesima giurisdizione in Indonesia a vietare il commercio di carne di cane e gatto. La decisione arriva in risposta a un’intensa campagna di DMFI, che ha denunciato la grave crudeltà sugli animali e i rischi per la salute umana derivanti da malattie zoonotiche come la rabbia.

In tutta l’Indonesia, più di un milione di cani e innumerevoli gatti vengono uccisi ogni anno per la loro carne. La maggior parte di loro sono animali randagi o d’affezione rubati e trafficati illegalmente verso i centri dove c’è maggiore richiesta. Molti muoiono durante il viaggio a causa di colpi di calore, della disidratazione o delle ferite riportate durante la cattura e il trasporto. Quelli che sopravvivono vengono portati in macelli improvvisati dove vengono uccisi a bastonate di fronte agli altri cani. Le indagini di DMFI indicano che a Giacarta circa 9.520 cani al mese, o 340 cani al giorno, vengono uccisi per il consumo umano.

Lola Webber, Direttrice delle campagne per porre fine alla carne di cane di Humane Society International, membro di DMFI, ha affermato: “Il divieto al commercio di carne di cane e gatto nella capitale indonesiana Giacarta è estremamente significativo, non solo per le migliaia di animali uccisi ogni anno in questa città, ma anche perché riconosce che questo business crudele ha il potenziale di diffondere la rabbia. Lo status di città senza rabbia di Giacarta è messo a rischio ogni giorno dal perdurare del commercio di carne di cane, che ogni giorno porta in città animali di cui non si conosce lo stato di salute. Ci auguriamo che il Governo indonesiano faccia il passo successivo, vietando definitivamente questo terribile commercio, in modo che nessun altro cane o gatto debba più subire questa crudeltà in futuro”.

Il divieto è stato annunciato ufficialmente dal Dipartimento per la Sicurezza Alimentare e l’Agricoltura di Giacarta. Ibu Ir. Suharini Eliawati M.Si, capo del Dipartimento, ha dichiarato: “I progressi attuali consistono nella formazione di un regolamento alimentare per vietare il commercio di carne di cane e l’emissione di una direttiva del Governatore. Il piano prevede anche di educare le persone a non consumare carne di cane e a essere proprietari responsabili degli animali”.

Un rappresentante della Polizia di Giacarta ha dichiarato: “Siamo molto favorevoli e pronti ad aiutare a familiarizzare venditori e bancarelle che ancora vendono carne di cane con questa direttiva. Questo deve essere fatto in modo che i commercianti abbiano il tempo di trovare un lavoro alternativo”.

La notizia è stata accolta favorevolmente da alcune celebrità come l’attrice Kim Basinger, il comico Ricky Gervais e l’attore britannico Peter Egan, che attraverso dei videomessaggi hanno ringraziato le autorità di Giacarta.

Kim Basinger ha detto: “Grazie al governatore Heru per aver compiuto questo passo coraggioso e potente per vietare il crudele e pericoloso commercio di carne di cane a Giacarta. Le sue azioni inviano un messaggio molto chiaro: i cani non sono cibo. Queste leggi che vietano la carne di cane avranno un forte impatto, proteggendo sia gli animali che le persone. I cani sono un vero dono per tutti noi, sono nostri leali compagni e devono essere protetti dal commercio incredibilmente crudele della loro carne”.

Ricky Gervais ha affermato: “Vorrei aggiungere la mia voce a quella di milioni di altre persone che chiedono di vietare il commercio di carne di cane in Indonesia. Il messaggio è chiaro: i cani non sono cibo”.

Peter Egan ha dichiarato: “Grazie al governatore Heru per la leadership e compassione dimostrata nel prendere provvedimenti per vietare il commercio di carne di cane a Giacarta. Le sue azioni proteggeranno gli animali e salvaguarderanno la salute e il benessere delle comunità. Mi unisco a milioni di altre persone che chiedono di vietare il commercio di carne di cane in tutta l’Indonesia per proteggere decine di migliaia di cani da crudeltà inimmaginabili e anche per celebrare la grande compassione e la bellezza naturale e culturale dell’Indonesia.”

Karin Franken, Coordinatrice nazionale della coalizione DMFI, ha accolto con favore la notizia: “A nome della coalizione Dog Meat Free Indonesia e dei milioni di cittadini indonesiani che hanno a cuore cani e gatti, vorrei esprimere il nostro più profondo apprezzamento per l’adozione di queste misure volte a salvaguardare la salute e il benessere di persone e animali. Il divieto di Giacarta è un esempio da seguire per altre giurisdizioni e contribuirà a sensibilizzare l’opinione pubblica sui gravi rischi e sulle sofferenze animali legate a questo commercio.”

Il divieto è stato pubblicato dal Servizio di Sicurezza Alimentare, Marittima e della Pesca di Giacarta con la Lettera d’appello numero 4493/-1823.55 che limita il traffico di animali che trasmettono la rabbia e di prodotti animali non alimentari, per motivi di tutela della salute pubblica. Il provvedimento riguarda la cosiddetta Area speciale della città di Giacarta, l’area metropolitana più popolosa dell’Indonesia, che comprende la capitale, cinque città satellite e tre reggenze complete, tra cui parti delle province occidentali di Giava e Banten.

ALCUNI DATI:

  • Un sondaggio Nielsen del gennaio 2021, commissionato da DMFI, ha rivelato che il 93% degli indonesiani è favorevole a un divieto nazionale e solo il 4,5% ha mai consumato carne di cane.
  • Il commercio di carne di cane è ora vietato in 21 città e reggenze dell’Indonesia: Karanganyar, Sukoharjo, Semarang, Blora, Brebes, Purbalingga, Mojokerto, Temanggung, Jepara e Magelang; Salatiga, Malang, Semarang, Magelang, Blitar, Mojokerto, Medan, Surabaya e Giacarta.
  • Oltre alle 21 località indonesiane, in tutta l’Asia il commercio, la macellazione, la vendita e il consumo di cani sono vietati o terminati anche a Taiwan, Hong Kong, nelle Filippine, in Tailandia e in due grandi città della Cina continentale. In Corea del Sud una task force istituita dal governo sta attualmente valutando un divieto. Il presidente Yoon Suk-yeol ha dichiarato che non si opporrebbe a un divieto sulla carne di cane, a patto che ci sia un consenso sociale, e la first lady Kim Keon-hee ha parlato pubblicamente del suo desiderio di porre fine al consumo di carne di cane.
  • Dog Meat Free Indonesia è una coalizione di organizzazioni nazionali e internazionali per la protezione degli animali che comprende Jakarta Animal Aid Network, Animal Friends Jogja, Humane Society International, Animals Asia e FOUR PAWS. La coalizione denuncia la brutalità di questo business e si batte per la sua messa al bando a causa della crudeltà che infligge agli animali e dei rischi per la salute pubblica.

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Contatto: Martina Pluda: Direttrice per l’Italia : mpluda@hsi.org; 3714120885

Humane Society International


Homeless Animal Protection Society

ROMA—Humane Society International (HSI) ha inviato una squadra di soccorso in Turchia per aiutare migliaia di cani, gatti e altri animali colpiti dal devastante terremoto di magnitudo 7,8.

Da ieri e per le prossime settimane, l’Unità di soccorso animali di HSI, che viene mobilitata in caso di catastrofi, è in Turchia per assistere i gruppi locali nelle operazioni di primo soccorso degli animali feriti, nell’allestimento di ospedali veterinari da campo come, per esempio, ad Antakya, per ampliare la capacità di intervento nell’area e per distribuire cibo, acqua e forniture veterinarie di prima necessità. La squadra è composta da personale formato proveniente da Europa, Stati Uniti, Messico, Costa Rica, Colombia e India.

HSI ha inoltre fornito fondi emergenziali al gruppo di soccorso locale Yuk Hayvanlarani Koruma Ve Kurtama Dernegi (Working Animals Rescue Foundation), consentendogli di inviare veterinari e veicoli d’intervento per portare forniture veterinarie e soccorso agli animali e alle persone che ne hanno più bisogno.

L’intervento di HSI viene guidato da Kelly Donithan, Direttrice dell’Unità di emergenza di HSI ed esperta soccorritrice, già attiva per portare aiuto agli animali colpiti dai passati disastri in Australia e Africa, a Beirut e nei Paesi vicini all’Ucraina. Nei giorni scorsi, Donithan è stata in costante contatto con i gruppi locali che stimano che centinaia di animali abbiano probabilmente perso la vita, in aggiunta alle decine di migliaia di persone tragicamente uccise dal terremoto. Migliaia di cani e gatti, equini e animali da allevamento hanno attualmente disperato bisogno di aiuto.

Donithan afferma: “Il terremoto ha portato devastazione e la tragica perdita di vite umane e animali. La squadra di emergenza di Humane Society International sta accorrendo per aiutare i gruppi locali. Alcuni animali vengono ancora estratti vivi dalle macerie, ma non sappiamo per quanto tempo ancora potranno reggere quelli invece sepolti. Inoltre, migliaia di cani e gatti salvati hanno urgente bisogno di cure veterinarie per far fronte a ferite, shock, disidratazione e malnutrizione. Diversi rifugi per animali nella zona colpita sono stati distrutti e HSI aiuterà anche a trasferire in sicurezza i loro animali, oltre a distribuire cibo, acqua e forniture veterinarie vitali laddove sono più necessarie. È straziante vedere persone e animali che subiscono l’impatto fisico e psicologico di un disastro di questa portata e noi vogliamo aiutare in ogni modo possibile”.

HSI interviene in caso di disastri in tutto il mondo per assistere gli animali e le comunità in difficoltà. In passato è intervenuta per fornire cure d’emergenza agli animali colpiti da eruzioni vulcaniche in Guatemala, terremoti mortali in Nepal, Ecuador e Messico, uragani, inondazioni improvvise e cicloni in India, Haiti e Mozambico, incendi boschivi in Australia e Cile, oltre ad aver aiutato i rifugiati e i loro animali domestici in fuga dalla guerra in Ucraina.

È possibile donare al fondo per le emergenze di HSI per permetterci di fornire aiuti vitali e finanziare gli interventi delle nostre squadre in situazioni emergenziali come questa:

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Contatto:

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